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RECENSIONI
tre alla verità divina. Nella misura in cui questo racconto ha una pretesa d’es
sere vero, i
facta
descritti al suo interno sono anche candidati alla partecipazio
ne del
vero
» (pp. 32-33). Se in questo brano sostituissimo
factum
con
certum,
l’interpretazione sarebbe più corretta, e se seguissimo Fisch, che nel suo saggio
Vico and Pragmatism
(che rimane a tutt’oggi la migliore analisi in lingua ingle
se del rapporto tra
verum
e
factum
) suggeriva di tradurre
verum
con « l’intelli
gibile» piuttosto che «il vero» o la «verità», allora saremmo in grado di trarci
fuori dal
cui de sac
epistemologico che Miner si costruisce.
L’A. anticipa la possibile obiezione di un uso prevaricante del presente sul
passato («alcuni obietteranno immediatamente che ogni interpretazione di Vico
come genealogista della morale è semplicemente anacronistica, poiché si ascri
vono a Vico delle intenzioni delle quali egli era del tutto ignaro», p. 69), ma, al
lo stesso tempo, manca di accennare, ad esempio, alla
Genealogia deorumgenti
lium
di Boccaccio (citata da Vico nella
Scienza nuova
del 1744 al paragrafo 526).
Si può indubbiamente insistere sulla moderna sensibilità storica di Vico, ma, an
cora una volta, concetti come «genealogia» o «modernità» non possono ade
guatamente qualificare la «moderna sensibilità storica», ed è dubbio che sull’ar
gomento il
VomNutzenundNachteilderHistoriefiir dasLeben
di Nietzsche pos
sa rappresentare un adeguato sostituto per autori comeJ. G. A. Pocock, Reinhart
Koselleck o Arnaldo Momigliano. Nella conclusione del lavoro, Miner si do
manda se avesse potuto scrivere un libro composto come un trittico, «in cui la
tavola di sinistra avrebbe interpretato Vico e la tavola di destra avrebbe consi
derato Nietzsche, e il centro sarebbe stato dedicato ad accertare le relazioni tra
loro» (p.137). Di certo, un tale progetto sarebbe stato più ambizioso.
Sandra Rudnick Luft è interessata, come la du Bois, ad una lettura di tipo «al
chemico». In questo caso, però, la fonte da cui 1’ A. dichiara di riprendere l’e
spressione è Nancy Struever. Citando quest’ultima, Luft afferma di essere passa
ta, «contro l’approccio inflessibilmente lineare ogenetico», caratteristico della sto
ria delle idee e che ritiene largamente dominante negli studi vichiani, ad una stra
tegia interpretativa alternativa, per l’appunto ‘alchemica’, «in cui il lettore, in sin
tonia con le ‘fondamentali trasformazioni’ di temi e problematiche nella storia in
tellettuale, è sensibile alle ‘tendenze antagonistiche e destabilizzanti’ presenti nel
testo di Vico, le quali ‘fanno spazio’ a interpretazioni meno tradizionali» (p. IX).
Degli autori qui recensiti, Luft è la più consapevolmente segnata da un certo uso
prevaricante del presente sul passato, al punto da dire che «leggere l’ultima edi
zione della [
Scienza nuova
] attraverso le
[sue]
letture di ‘precursori’ contempora
nei [
nostri contemporanei, non di Vico]»
l’ha indotta ad «un senso di estraneità
che letture più tradizionali non possono provare» (p. XI).
Il
primo capitolo del volume, dal titolo «The Familiar:
Verum-Factum
as an
Epistemological Principle», intende dimostrare che tanto la critica idealista di
stampo crociano quanto quella post-idealista hanno in vari modi reinscritto il
soggetto cartesiano in quello che avrebbe dovuto essere un ‘principio senza sog
getto’, intendendo come tale il
verum-factum.
Luft sottolinea la differenza tra il