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MANUELA SANNA
TEKiifipiov (indizio) non è causa, e uno scettico assennato negherà la cer­
tezza delle cause, non degli indizi»19.Va notato l’uso del termine
T£K(xf|piov
che nell’uso classico ha il significato di ‘segno’, ‘indizio’ in quanto ‘traccia’
del passaggio, ma anche nel lessico medico ‘sintomo’, così come utilizza il
vocabolo prima Ippocrate e poi Galeno. Il pensiero è solo ‘sintomo’ di al­
tro, dal quale non può prescindere, perché è impossibile pensare una
me­
dicina mentis
sganciata da una
medicina corporis.
Come chiarisce Vico, la
metafisica «tratta dell’indubitabile verità, perché esamina una questione
della quale l’uomo acquista certezza anche se dubita, anche se erra e sba­
glia»20. Il dubbio cartesiano si esprimeva soprattutto attraverso una ridu­
zione del pensiero a
videri
e il conseguente rischio di sovrapposizione tra
essenza del pensiero e apparenza, rischio sventato solo dalla coscienza.
Occorrerà indagare sulla natura specifica di questa proposta metafi­
sica, che è insieme elemento connaturato alla crescita dell’uomo e anche
strumento per far luce su di essa. In questo senso, forse non converrà più
richiamare la geometria di Euclide e il richiamo indiretto a Spinoza,
quanto piuttosto la geometria degli indivisibili, che largo spazio trova nel
De antiquissima.
2.
Nell’epistolario vichiano ritroviamo un carteggio di un qualche in­
teresse specifico su questo argomento, vale a dire il nucleo di lettere che
Vico scrisse e ricevette nella corrispondenza con Muzio Gaeta, l’arcive­
scovo napoletano impegnato in quegli anni a comporre un
'Orazione in
morte di Benedetto XIII,
pubblicata poi a Napoli nel 1755. Vico era sta­
to chiamato dal religioso a esprimere un parere su quel che andava com­
ponendo, e questa fu l’occasione per spendere qualche parola sul proprio
metodo di lavoro. Approvando il
cursus
che il religioso adopera nel «ra­
gionare dei princìpi metafisici delle cose naturali», Vico afferma che egli
non usa il metodo mattematico, il quale, non sono figure di linee, o nu­
meri, non porta necessità, e spesso in vece di dimostrar il vero, può dar’ap-
parenza di dimostrazione al falso, come con lo stessometodo geometrico
Be­
nedetto Spinoza
impone a cervelli deboli una Metafisica dimostrata, che por­
ta all’ateismo21.
E neanche si fa propugnatore di un metodo che utilizzi dimostrazioni
geometriche o aritmetiche, quanto piuttosto adopera i principi metafisici
19
De ant.,
p. 74.
20
Ibid.,
p. 112.
21 G. Vico,
Lettera di G. Vico a Muzio Gaeta,
in Id.,
Epistole. Con aggiunte le epistole dei
suoi corrispondenti,
a cura di M. Sanna, Napoli, 1992, p. 190; d’ora in poi
Epist.
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