AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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della storia» che sappia contenere, sintetiz
zandole, storia e filosofia del diritto (pp. 54-
55). Con ciò si giustifica il riferimento ai te
mi della storia ideale eterna (p. 74) e alla teo
ria del progresso e deU’indvilimento dativo,
nativo e misto che lo trattengono nella sfera
degli interessi più direttamente romagnosia-
ni (p. 76) proprio in relazione ai temi centra
li in Vico dell'uniformità e della comunicabi
lità del diritto: «la tesi, che nella Critica tro
verà più ampia ed articolata argomentazione,
dimostra uno degli aspetti più caratteristici
della riforma che Amari propone della dot
trina vichiana: la tradizione è lo strumento at
traverso cui il progresso si diffonde da un po
polo all’altro: dativo e non solo nativo, esso è
la legge fondamentale della storia dell’uma
nità. E un prestito concettuale che, attraver
so Romagnosi, Amari attinge dalla grande
tradizione dell’illuminismo dei Turgot e dei
Condorcet e dalle discussioni degli esuli na
poletani, in particolare di Cuoco, che di Vi
co, probabilmente, nel primo Ottocento è
stato l’interprete più acuto» (pp. 77-87). Del
resto, proprio a Cuoco e al suo noto Pro
gramma del 1805 risale il progetto della Cri
tica di una scienza delle legislazioni compara
te, che Bentivegna esamina attentamente an
che alla luce della «mentalità positiva» del-
l’Amari, capace di proporre un discutibile
accostamento del naturalista Cuvier al filo
sofo Vico per la comune fede nell’«unifor-
mità della natura» e nella sua «costanza» (p.
103). Questo complicato approdo alla filo
sofia della Scienza nuova, coerente con un’e
laborata «teoria delle similitudini» (p. 116),
non impedisce all’interprete di richiamare
l’attenzione su quelle «Degnità» storico-an
tropologiche che il romagnosiano Amari sta
bilisce intorno alla questione centrale
delT«incivilimento» (p. 117). E qui la carica
antimetafisica della sua analisi storica si svi
luppa in direzione vichiana, saldando il fatto
storico con la filosofia e la filologia con l’a
nalisi filosofica del reale (p. 118). Si fa stra
da, in queste premesse, l’orientamento teori
co e storiografico dello studioso siciliano,
convinto di poter affrontare il problema del
la filosofia della storia come filosofia dell’u
manità (p. 120): «Amari identifica il diritto
comparato con la vichiana scienza dell’uma
nità. L’interpretazione della Scienza nuova,
che Amari prospetta, si chiude con questa
identificazione, che in definitiva finisce con
il rendere la scienza vichiana delle nazioni
propedeutica a quella del diritto comparato»
(p. 123). Perciò di Vico si valorizza con acu
tezza la dimensione filosofica della medita
zione in «idea» di una storia eterna dell’u
manità che lo distingue dai predecessori in
quanto «.metafisica che eleva il diritto com
parato a scienza» (p. 124). È, questo, uno dei
motivi di massima giustificazione del vichi-
smo amariano, interessato al filosofo napole
tano nel profondo fino al punto da escluder
lo, quando si tratta di definire il senso dello
sviluppo del diritto comparato, inconciliabi
le con uno ius «provvidenziale» come quello
della Scienza nuova che implica l’impossibi
lità di un «diritto comunicato» (p. 122). Qui
ritornano, coerentemente approfondite, le
critiche alla «storia filosofica» e alla teoria del
«progresso» che ignora i due aspetti fonda-
mentali della successione e dell’universalità
(p. 126). Il che rende convincente, ancora
una volta, il recupero di Romagnosi contro
Hegel e l’«ottimismo storico» di Cousin, il fi
ne divulgatore di Hegel e della filosofia te
desca contemporanea cui è da opporre la
nuova scienza delle «umane cose» del vi
chiano Jannelli, il teorico del «nesso» radi
cale degli eventi della storia che Amari ri
prende e identifica nella nozione di tradizio
ne, da Agostino a Bossuet, da Vico alla filo
sofia di Condorcet, tradizioni culturali di
verse - commenta efficacemente Bentivegna
- «che convergono, quindi, nella perfezione
dell’umanità e nella trasmissibilità del pro
gresso attraverso il diritto» (p. 129). Ma Vi
co e Cousin sono anche i limiti temporali e
concettuali entro cui si muove la riflessione
dell’Amari nell’importante Prolusione fio
rentina del 1860. Qui il confronto critico tra
il filosofo della Scienza nuova e Bossuet - con
il primo che «aggiunge la logica e la metafi
sica della storia» alla teologia dell’altro (p.
145) - consente all’Amari di opporre a He
gel la soluzione romagnosiana dell’«incivili-
mento» che è motivo di ripresa e, insieme, di
rifiuto del Vico, come bene documenta Ben
tivegna, non occultando il ritorno in Amari
della nota e limitativa tesi dell’«anacroni-