AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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la censura ecclesiastica, si sofferma sulla di­
sputa regalistica insorta a Napoli intorno al­
la condanna della magia da parte del Sant’Uf­
fizio, in particolare in seguito all’editto del
1695 che assegnava all’inquisizione romana
la competenza sulle pratiche e sui libri magi­
ci. L’editto fu l’oggetto polemico delle Ra­
gioni a prò della fedelissima città e Regno di
Napoli contr’al procedimento straordinario
nelle cause del Sant’Officio, con cui Nicolò
Caravita difendeva le ragioni e i diritti del re­
gno di Napoli contro quello che reputava un
tentativo da parte della Curia romana di
estendere il controllo sopra di esso. La di­
sputa e la successiva condanna delle Ragioni
(1710) «llevaron seguramente a llamar la
atención sobre el problema de la magia, que
debla hallar en Vico una solución filosòfica
origini a través de su identificación con la
imaginacón o fantasia del mundo primitivo y
de aquellas personas supersticiosas, que son
corno los ‘primeros hombres’» (p. 21).
Conformemente alla tendenza espressa da
Malebranche e, in maniera più risoluta, da
Locke, e in contraddizione con la teologia
cattolica, Vico vedeva nella magia «una ope-
ración puramente fantàstica, que no tenia na-
da que ver con el poder demoniaco» (p. 23),
ma si spinse oltre, fino a elaborare «una con-
cepción orgànica del mundo primitivo en
clave occultista» (p. 24) che lo porrebbe, co­
me notava Giuseppe Cocchiara, al primo po­
sto fra i precursori degli studi folklorici.
L’A. individua, al di là delle precauzioni
e delle affermazioni di ortodossia espresse da
Vico, una concezione organica che supera la
tesi libertina dell’impostura per collocare l’o­
rigine della religione nella fantasia e nella cre­
dulità dei primi uomini, e per identificarla
con la poesia e con la magia. Un legame fra la
magia e la finzione poetica, questo, che rap­
presenta fra l’altro un tratto comune fra Vico
e il promotore del progetto di edizione vene­
ziana della Scienza nuova, Antonio Conti.
[D. A.]
19.
C
rispini
Franco, Appartenenze illu­
ministiche. I calabresi F. S. Salfi e F. A. Gri­
maldi, Mendicino, Klipper, 2003, pp. 138.
Nell’agilevolumettosiripubblicanoglistu­
di d’interesse vichiano dell’A., dedicati a Fran­
cesco Saverio Salfi, filosofo della storia e alla ri­
flessione etico-politica di Francesco Antonio
Grimaldi, apparsi rispettivamente nel 1990 e
nel 1992 (già segnalati in questo «Bollettino»
XXI1991, pp. 197-201 eXXVI-XXW, 1996-
1997, p. 378), inscritti, nelle pagine ora rac­
colte (accanto a saggi sul carteggioJ. B. Say-
Salfi alle pp. 85-100 e sugli Elogi di Filan­
gieri e Grimaldi, pp. 127-138), in quello che
l’A. definisce il «disegno più generale di
una ‘geografia’ dell’illuminismo» (p. 7), uti­
le a ricostruire la collocazione e la varia
contaminazione dei suoi programmi. Il che,
nelle intenzioni del lavoro, giustifica il si­
gnificato di queste «appartenenze illumini­
stiche» cui Crispini ha inteso opportuna­
mente riferire il pensiero e l’opera dei due
calabresi: «‘Appartenenza’ qui non vuol di­
re che i nostri vengono ‘sfrattati’ da una lo­
ro naturale abitazione (una cultura, delle
radici antropologiche) e fatti abitare in una
‘altra’ casa, fatti appartenere ad un conte­
sto ‘altro’, ‘estraneo’ [...]». Si tratta, inve­
ce, di mantenere «sempre viva la consape­
volezza che quelle idee nuove dovevano
trovare il modo di innestarsi ad un tronco
nel quale circolavano o erano circolate lin­
fe vitali. E difatti, il cortocircuito che si eb­
be e che non sempre produsse scintille vive
ed esiti felici, generò per contro un profon­
do travaglio di pensiero, uno sforzo di affi­
nare ancora di più i processi di conoscenza
dei fatti morali, politici, sociali, della storia
che l’uomo costruisce. E innegabile che
l’appartenenza illuministica dei nostri due
calabresi è contrassegnata da tante incer­
tezze, ma funziona anche e spesso da istan­
za liberatrice da tutto un bagaglio di pre­
giudizi e vedute false, avvicinando sempre
di più all’esigenza di sapere accogliere la le­
zione della storia. La linea illuministica dei
Salfi e Grimaldi sembra una via, corrobo­
rata dalle idee di Genovesi, per recuperare
al meglio quanto proviene da Vico. Ed a
volte sembra anche che si compia una ‘con­
taminazione’ di Vico, il che dimostra solo
la difficoltà, in chi ne è più consapevole, di
‘celebrare’ una appartenenza che compor­
tava il rischio di sostenere ‘passivamente’ il
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