L’IMMAGINARIO NATURALISTICO
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Discorrendo di un ‘immaginario naturalistico’ in Vico, mi riferisco ad
un immaginario che, in quanto tale, soltanto in esigua parte deve essere ri
tenuto in effetti tematizzato dal filosofo napoletano, e dal quale pertanto il
suo pensiero può essere considerato piuttosto alimentato spontaneamente.
Tale tematica in verità non è mancata di venire all’attenzione nella lettera
tura critica, in ispecie in relazione al tema del nesso ontogenesi-filogenesi,
ma non è stata effettivamente resa oggetto di indagine in un discorso ade
guato sulla scienza della storia di Vico che ne studi assieme due aspetti.
Penso da un lato all’aspetto ‘formale’, per così dire, dei princìpi e crite
ri essenziali di tale scienza. A parte il fin troppo celebrato principio del «ve-
rum-factum», il primo di essi, il più generale, è appunto l’essenziale rico
noscimento dell’universalità dell’oggetto della scienza, per cui questo,
de
jure,
deve avere il carattere della necessità: «scientia debet esse de univer
salibus et aeternis»2. Ma - ritornando per un momento sulF'episteme dei-
quale, per ragioni di spazio, in sostanza eviterò di evocare la non indifferente letteratura critica
richiamabile sulla costellazione problematica riconducibile al tema del ‘naturalismo in Vico’. E
bene ribadire in proposito che il taglio del presente saggio risponde soprattutto ad interessi di
ricerca di tipo ‘metaforologico’, da me già oggettivati in numerosi lavori di carattere sia teorico
metodico che storiografico. Almeno ai primi di essi dovrei qui rinviare per chiarimenti del di
scorso di ordine metodologico. Astenendomi dal citarli, richiamo tuttavia un saggio sulle me
tafore nel linguaggio vichiano sul finire del quale cominciavo ad aprire il discorso sulle presen
ze in quello di un ‘immaginario naturalistico’: E. Nuzzo,
Tra metafore 'naturali' e metafore ‘ci
vili’: gli itinerari della conoscenza in Giambattista Vico
, in
Aria, terra, acqua, fuoco: i quattro ele
menti e le loro metafore. Luft, Erde, Wasser, Feuer: die vier Elemente und ihre Metaphern,
a cu
ra di E Rigotti e P. Schiera, Bologna-Berlin, 1996, pp. 167-211.
2
L’esplicito richiamo a questa ‘formula’per sottolineare tale essenziale proprietà di qual
sivoglia scienza, «avvertita da Aristotile», come significativamente ricorda Vico, appare con
forza nell’ultima versione della
Scienza nuova.
Cfr. G. Vico,
Principj di Scienza nuova d’intor
no alla comune natura delle nazioni
(1744), in
I
d
.,
Opere,
2 voli, a cura di A. Battistini, Mila
no, 1990, voi. I, 163, p. 504. Da tale edizione, se non diversamente indicato, citerò anche gli
altri testi vichiani. Quanto alla prima ed alla terza versione della grande opera vichiana (per
ragioni di spazio in questa sede ometterò riferimenti alla versione del 1730), le citerò da ades
so in poi adottando rispettivamente le sigle
Sn25
e
Sn44,
facendo seguire all’indicazione del
numero dei ‘capoversi’ (secondo la ancora utile paragrafazione introdotta da Nicolini, e se
guita anche da Battistini) l’indicazione delle pagine.
Per il luogo di Aristotele da tenere in primo luogo presente a proposito della pagina vi
chiana citata, cfr. Arist.,
Metaph.,
III, 6, 1003a 11-12. Mi astengo dal rendere qui conto di ri
sultati di un’indagine sistematica (in verità finora non disponibile) da me avviata sugli impie
ghi e significati del termine e della nozione di «scienza» lungo tutta la traiettoria della medi
tazione vichiana. Tale indagine deve partire dalle prime e consapevoli riformulazioni chiarifi
catrici - già nelle pagine delle
Orazioni inaugurali -
dei nessi tra «sapientia», «scientia» e «pru
dentia» quali erano stati tramandati da una tradizione emblematicamente espressa dalla defi
nizione ciceroniana della sapienza come «rerum [... ] divinarum et humanarum scientia». Cfr.
ClC., De
off.,
II, II, 5; ma anche
Disp. tusc.
, V, VIII, 7, De
or.,
1,212; ma ancora
Disp. tuse.,
IV,
XXVI, 57: «sapientiam esse rerum divinarum et humanarum scientiam cognitionemque quae
cuiusque rei causa sit». Dinanzi già alla sola tradizione di tale ‘formula’, ed alle sue diverse vo