AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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la riflessione vichiana sul significato e il fine
del lavoro intellettuale, già affrontato nelle
Orazioni inaugurali.
L’A., con l’abile intreccio di elementi
biografici e ricostruzione dell’evoluzione in
tellettuale, mette in luce il rispecchiamento
della vicenda esistenziale nella biografia in
tellettuale del filosofo napoletano. Da questa
prospettiva, ritornare sul tema del fine degli
studi consente a Vico di fornire una pro
spettazione «assolutamente nuova» all’itine
rario che attende la gioventù studiosa, in
quanto ispirato, sottolinea l’A., a un ideale di
saggezza «eroica» elaborato sulla scorta di
personali esperienze. Un appellativo tanto
più denso di significato se si ripensa al tor
mentato rapporto del filosofo con l’istituzio
ne universitaria, che per trent’anni l’aveva re
legato alla non certo prestigiosa cattedra di
retorica, negandogli nel 1723 il passaggio al
l’insegnamento del diritto. Di qui l’invito ai
giovani a sottomettersi al duro lavoro di
istruzione nelle singole discipline e di perfe
zionamento individuale, non in vista di ri
compense, quanto mai aleatorie, bensì mos
si dalla costante gratificazione raggiunta con
I’automotivazione del loro «spirito eroico»
nel coltivare le facoltà della mente e dell’ani
mo poste al servizio del genere umano e non
dell’interesse personale. L’itinerario propo
sto, sottolinea l’A., può dunque condiderar-
si come la presentazione, in forma di pro
gramma di studi, della novità e della matu
rità teoretica raggiunta con la Scienza nuova
del 1730 (p. Ili), e che Vico implicitamente
offre quale modello di eroismo filosofico.
[R. M.]
49.
MONTANARI
Marcello, Vico e Grozio,
in «Argomenti storici» II (2002), pp. 67-80.
Il contributo è parte di una raccolta di
saggi che propone uno specifico tema d’in
dagine: «La recezione di Grozio a Napoli nel
Settecento». Accanto alle pagine di F. M. De
Sanctis su «Grozio filosofo del diritto» (pp.
13-23) e a quelle di S. Mastellone, G. M. La
briola e M. Bazzoli sulla fortuna del giurista
olandese nella cultura europea tra Seicento e
Settecento (da D’Andrea a Buondelmonti,
da Pufendorf a Barbeyrac, pp. 25 sgg.) si col
locano i contributi dedicati a Vico e al primo
vichismo di secondo Settecento, da Genove
si (negli interventi di V. Conti, R. Ajello e
G.
M. Maiorini, cfr. spec. pp. 81-86, 115-118,
130-132) ad Antonio Porpora, l’avvocato na
poletano, autore di una traduzione italiana
del De iure (1777), studiata da Francesca
Russo in un saggio che anticipa i contenuti
della presentazione dell’anastatica dell’ope
ra (pp. 137-149, ma cfr. in questo «Avvisato
re», ad vocem
G
rozio
).
Di Vico e GrozioMarcello Montanari, ri
prendendo un tema centrale nella letteratu
ra degli anni Settanta (negli studi ben noti di
Mastellone e Faucci, di Badaloni e Fassò, so
prattutto), offre un’interessante rilettura che
parte dalle celebri pagine dell’Autobiografia,
per rilevare, nel giudizio sul De iure, la que
stione del rapporto particolare-universale,
centralissima inVico (p. 68), impegnato asvi
lupparla in un senso radicalmente antigro-
ziano, in «un orizzonte teorico che, nel ri
prendere e mantenere il tema di un ‘diritto
universale’,tuttavia tenta di elaborare una vi
sione più complessa del rapporto tra ‘diritto
naturale delle genti’ e ‘diritto naturale dei fi
losofi’» (p. 70). E su di esso che nasce uno
dei grandi temi del De constantia jurispru-
dentis, opportunamente colto e commentato
da Montanari per mostrare la significativa
scoperta vichiana delfas commune, quale au
tentica fonte del diritto, «definita dalla lin
gua e dalla prassi quotidiana delle genti» (p.
71). Qui si pone in forte antitesi con Grozio
anche la questione delicatissima dell’origine
del diritto (p. 72) e con essa il tema dell’«au-
torità», a sua volta, «originata da quel ‘movi
mento’ dei popoli che ha saputo mettere in
relazione le parti, le ha legate attraverso
‘esperienze comuni’ e ha inventato un lin
guaggio comune» (ivi). Al fondo emerge la
prospettiva dell’intera riflessione di Vico che
all’astratto giusnaturalismo groziano oppone
le ragioni delle necessità esistenziali e non i
calcoli delle utilità (ivi). Se Grozio raziona
lizza la natura e su di essa fonda il diritto, la
Scienza nuova capovolge quest’equilibrio e
vede «la ragione nel suo divenire storico-ma
teriale o, più esattamente, storicizza la ragio-