AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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zione radicale fra una lettura ‘scientifico-se-
miotica’ ed una ‘teorico-storica’ della Scien­
za nuova.
Otto sottolinea l’esigenza di tener pre­
sente, ai fini della comprensione delle tesi vi­
chiane, il dibattito semiologico così come si
svolgeva fra Sei e Settecento attraverso le po­
sizioni di Descartes, Arnauld, Malebranche,
Hobbes, Spinoza, e si sofferma in particola­
re sui paradossi legati al problema della ‘so­
miglianza’ fra l’idea e la cosa rappresentata.
In questo quadro, Vico da un lato sostiene
la dottrina delle ‘relazioni naturali’ fra i se­
gni muti dei primi uomini e le idee che que­
sti intendevano significare, dall’altro inseri­
sce l’elemento storico dell’evoluzione delle
lingue attraverso le tre fasi mitica, eroica e
storica, caratterizzata quest’ultima, dalla
convenzionalità del rapporto fra segno e si­
gnificato.
Nel considerare, fra le prove ‘filologi­
che’ della sua ‘scienza’, le ‘etimologie delle
lingue natie’, Vico mostra di considerare la
lingua «no respecto al mero desarrollo de los
signos lingiiisticos, sino, en cambio, respec­
to a su contenudo essencial o significado»
(p. 199). Riprendendo e trasferendo a que­
sta problematica alcune considerazioni di G.
Cantelli (Il quadrilatero del significato secon­
do Vico, in IImondo di Vico/Vico nel mondo,
acura di F. Ratto, Perugia, Guerra, 2000, pp.
317-337), l’A. osserva che, nel considerare
come «condicionada históricamente» la cor­
rispondenza fra l’ordine delle idee e l’ordi­
ne delle cose, la teoresi vichiana «se clarifi­
ca por medio de una cuadratura»: vale a di­
re che «hay una diferencia entre historia de
las cosas e historia de las lenguas, y hay una
diferencia entre ideas (o ‘el orden de las
ideas’)y voces significantes - significantes las
cosas [...] no en modo lògico-estàtico irre-
versible, sino en modo transportador-históri-
co» (p. 200). Una simile ‘quadratura’ viene
riscontrata anche all’interno della ‘spiega­
zione della dipintura’, nell’indicazione della
correlazione dei segni con i rispettivi signifi­
cati, e dei singoli ‘geroglifici’ con l’insieme
di essi.
[D. A.]
57.
P
almer
Lucia M., Vico and Pragma-
tism: New Variations on Vichian Themes, in
«Transactions of thè Charles S. Peirce So­
ciety» XXXVIII (2002) 3, pp. 433-440.
LuciaPalmer, nota agli studiosi per la sua
traduzione inglese del De antiquissima Italo­
rumsapientia, passa qui in rassegna i punti in
cui è possibile un confronto traVico e il prag­
matismo. L’A. si concentra sul rifiuto da par­
te del pragmatismo della teoria della cono­
scenza di stampo cartesiano, sulla naturaliz­
zazione della mente e sull’importanza attri­
buita alla storia, alla retorica e alla letteratu­
ra. Palmer ha contratto indubbi debiti con il
Vico and Pragmatism di Max H. Fisch, e non
si discosta dai termini della ricerca così come
sono stati posti da quest’ultimo.
[D. M.]
58.
PAREKH
Bhikhu, Vico and Monte­
squieu: Limits of Pluralist Imagination, in
«Canadian Journal of Philosophy» XXV
(1990), pp. 55-78.
L’A. osserva come le tradizioni domi­
nanti nel pensiero filosofico abbiano cercato
il modo migliore per attingere la conoscenza
del mondo secondo preoccupazioni definite
«moniste», di contro ad approcci che non
presuppongono soluzioni esclusive ma si
aprono ad un pluralismo di possibilità. Di
fatto, l’orientamento «monista» si sarebbe
affermato fino al diciottesimo secolo, quan­
do pensatori come Vico, Montesquieu, Mon­
taigne e Herder mettono in discussione que­
sta prospettiva. Parekh sostiene che Vico ha
concepito le nazioni come sistemi sociali in
cui le pratiche individuali avevano senso so­
lo nel contesto della somma delle pratiche di
quella società e che, di conseguenza, pratiche
specifiche ad alcune nazioni avrebbero tro­
vato una giustificazione non su basi univer­
sali o eterne, ma in termini di armonia con la
somma delle pratiche di quella società. Date
queste premesse «pluraliste», l’A. coglie un
sostanziale «tradimento» di Vico dovuto al
suo storicismo, quando presume di situare
tutte le società entro un unico schema sto-
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