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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
pretesa philosophia perennis custodita dal
cattolicesimo e dell’ontologismo. L’A. sotto-
linea opportunamente come Spaventa ridi­
segnasse l’impianto della circolazione veden­
do nei sistemi filosofici di Galluppi, Rosmi­
ni e Gioberti una prosecuzione delle filoso­
fie rinascimentali e«‘riflesso’provinciale del­
le tappe del pensiero classico tedesco» (p.
XXI). Savorelli rileva come nel progetto sto­
riografico di Spaventa il ruolo di Vico, ele­
mento di saldatura del Rinascimento all’i­
dealismo, «resta l’acquisizione più estempo­
ranea della circolazione, priva di un solido
retroterra di analisi testuali come era invece
nei casi di Bruno e Campanella [...], eppure
risulta decisivo per collocazione sistematica»
(p. XIX). Precursore della sintesi kantiana e
della filosofia dello spirito di Hegel, l’ele­
mento di novità del pensiero vichiano è indi­
cato da Spaventa nella distinzione, priva di
contrapposizione, istituita tra mondo natu­
rale emondo umano enella negazione del na­
turalismo rinascimentale. Vico pone il pen­
siero come spiegamento di sé e intuizione
dell’unità dello spirito nelle sue diverse mo­
dificazioni storicamente determinate.
[R. M.]
70.
ScHAEFFER
John D., Thomas More
and thèMaster Tropes: TheDeep Structure of
A Dialogue Conceming Heresies and Giam­
battista Vico,in «Moreana» XXXVIII (2001)
147-148, pp. 5-24.
L’A. ha qui messo a frutto la sua cono­
scenza del concetto di senso comune nel­
l’ambito della tradizione retorica per svilup­
pare una nuova lettura del Dialogue Concer-
ning Heresies (1529) di Thomas More.
Schaeffer sostiene che quella di More non fu
semplicemente una cruda apologia dell’orto­
dossia religiosa, ma un apprezzamento più
sofisticato del ruolo che la condivisione di as­
sunti gioca nel mantenimento della vita poli­
tica, e accosta la critica del dissenso di More
con quella di Vico nei confronti dello scetti­
cismo. La Bibbia in volgare di Tyndale, ad
esempio, diventa il rifiuto di autorizzare l’e­
quazione sineddochica dell’episcopato con
la chiesa, un’insistenza democratica per cui
la Scrittura sia di dominio pubblico. Un’e­
quazione meccanica che legherebbe la me­
tafora con l’età degli dei, la metonimia con
l’età degli eroi, e la sineddoche con l’età de­
gli uomini conduce tuttavia Schaeffer ad ac­
centuare il conservatorismo della posizione
vichiana. Come l’A. ha dimostrato nel suo
precedente lavoro (Sensus communis: Vico,
Rhetoricand thè Limits ofRelativism), il sen­
sus communis funziona come una forma di
denaro, tale che la condivisione di assunti
possa tanto facilitare il dialogo quanto pre­
cluderlo.
[D. M.]
71. SEVILLA
José M., Critica da razàopro­
blemàtica. Introduco ao humanismo histori-
cista de Vico, in «Educa<jào-e-Filosofia» XV
(2001)30, pp. 23-34.
Il saggio, che ripropone una linea di ri­
flessione già fecondamente esplorata dall’A.
in altri suoi studi recenti, presenta il pensie­
ro di Vico nei termini di una «visione critica
della ragione problematica» che si distanzia
da ogni prospettiva idealistica o monistica.
La problematicità della vita umana, sia essa
individuale o collettiva, viene indagata da
una ragione che è narrativa e storica, che si
fa nel rapporto con i bisogni concreti degli
uomini e si mantiene quindi continuamente
aperta alla discussione e alla possibilità.
72.
S
evilla
José M., «La lingua con cui
parla la storia ideal eterna». El decir de la hi­
storia: razón narrativa-histórica (una perspec­
tiva orteguaiana de Vico), in «Cuadernos so-
bre Vico» XV-XVI (2003), pp. 189-205.
Il saggio fa leva sul concetto di ragione
narrativa-storica elaborato da Vico, ritenuto
dall’A. la chiave di volta della convergenza
ideale con la meditazione di Ortega sulla sto­
ria.
I
punti di contatto tra i due autori sono
analizzati a partire dalla convergenza di ciò
che Ortega y Gasset chiama «metahistoria»,
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