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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
co di N. Badaloni (1961), lavori nei quali la
questione del metodo viene scissa definitiva
mente dal mondo della metafisica; dal che
consegue l’abbandono di Cartesio a fianco di
Gassendi. Fino ad arrivare alla critica con
temporanea e alla sua assunzione allargata
del problema del cartesianesimo italiano,
l’ambiente del quale viene ormai sondato fin
nei suoi personaggi più sconosciuti; «insom
ma, un quadro radicalmente nuovo al quale
non fa più ombra né una grande età come il
Rinascimento, né una grande figura come Vi
co» (p. 229).
[M. S.]
78.
TRABANT
Jurgen, Geroglifici: Vicos
wilde Wòrter des Anfangs, in Hieroglyphen
Stationen einer anderen abendlàndischen
Grammatologia, hrsg. v. A. und J. Assmann,
Munchen, Fink, 2003, pp. 245-259.
Il
saggio fa parte di un volume che ri
percorre la storia ‘non-egittologica’ dei gero
glifici in età moderna.
Nella «Spiegazione della dipintura»
(Sn44, capow. 30, 41 sgg.) i geroglifici rap
presentano per Vico i princìpi del mondo ci
vile (come ad esempio acqua e fuoco signifi
cano il principio del matrimonio);in virtù del
loro valore semiotico, «denotano», «signifi
cano» e «rappresentano» qualcosa. Riferen
dosi alla resa tipografica dell’edizione del
1744, l’A. osserva che Vico visualizza questa
geroglificità con le maiuscole, e considera co
me l’intera dipintura possa essere considera
ta un geroglifico, proprio per il suovalore se
miotico; in questo senso, precede l’opera
programmaticamente. Mentre nella «Spiega
zione della dipintura», i geroglifici fanno
parte di un discorso più generale, nel conte
sto della suateoria della linguageroglifica,Vi
co prende in considerazione l’origine egizia
dei geroglifici con riferimento aH’origine del
suo schema delle tre età e delle tre lingue.
L’A. considera la prima lingua geroglifica co
me lingua di sacre incisioni (hiero-glyphein)
che si esprime mediante cose e segni visivi
(atti, cenni, corpi), e sottolinea l’importanza
della critica vichiana del logo, e del fonocen-
trismo: la lingua geroglifica è una lingua poe
tica della fantasia, con la quale gli uomini
«prima parlarono scrivendo» (Sn44, capov.
429).
[S. W.]
79.
TROMBETTA
Vincenzo, Storia e cultu
ra delle Biblioteche napoletane. Librerie pri
vate, istituzioni francesi e borboniche, strut
ture postunitarie, Napoli, Vivarium, 2002,
pp. 704.
E un’ampia, documentata ricostruzione
della storia delle istituzioni bibliotecarie na
poletane tra Sette e Ottocento, impostata
con una metodologia che rende il lettore
partecipe degli ambiti specifici della biblio
grafia e della biblioteconomia, senza tutta
via trascurare la molteplicità delle fonti sto-
rico-culturali - spesso inedite - esaminate
(manoscritti e letteratura professionale, car
teggi e descrizioni di viaggio, letteratura ar
tistica e giornali locali, periodici eruditi, li
brerie monastiche, militari e scolastiche).
Esse sono opportunamente introdotte in
un’analisi tesa a cogliere gli assetti istituzio
nali delle strutture individuate e la relativa
attività dei bibliotecari promossa dall’am
pliamento delle esigenze del ceto intellet
tuale e degli indirizzi del circuito editoriale
librario. In questa trama assai estesa e arti
colata, che Trombetta sa dominare con pa
ziente ed esperta cura, non manca il ricordo
dell’opera di Vico. All’interno della prima
sezione, dedicata alle biblioteche negli anni
della trasformazione del viceregno in regno
autonomo, dopo un richiamo alla preziosa
libreria di Paolo Giannattasio, citata nel-
VAutobiografia (p. 31), l’attenzione si soffer
ma sulle grandi collezioni convertite in cen
tri di pubblica lettura quali la Brancacciana,
la Farnesiana e la Tarsiana. A quest’ultima si
legano, com’è noto, significativi interventi di
collaboratori del filosofo della Scienza nuo
va, come Francesco Sesone, l’incisore roma
no dell’antiporta dell’edizione del 1744 (p.
79 e n.) e il poeta arcade, Niccolò Giovio al
servizio dei duchi di Laurenzano (p. 81),
corrispondente del Vico, ricordato anche