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ENRICO NUZZO
dienza ad un ordine costante, lungo precise serie di sequenze. Il che ap
punto consente con sicurezza logica di riconoscere un qualsiasi fenomeno
(attinente alla vita materiale, all’organizzazione sociale o politica, alla pro
duzione di credenze, idee, o di istituzioni, e così via) come passibile di es
sere assegnato o meno ad un determinato momento storico, e definito e in
terpretato entro il contesto nel quale «dovette» apparire, con determinate
caratteristiche, ed entro il quale deve di necessità essere collocato.
Ora a mio avviso è indubbio che l’elaborazione da parte di Vico di
un tale paradigma ‘dovette’risentire, ed essere largamente tributaria, del
la consuetudine di frequentazione con quel pensiero razionalistico del
la filosofia e scienza moderne che nel suo nucleo aveva proceduto pro
prio riformulando e potenziando (rispetto ad antecedenti come quelli di
matrice aristotelica) il nesso semplice-complesso, privilegiando la ricon
duzione e scomposizione del tutto, del complesso al semplice. E in tal
senso a mio parere si ha la conferma dei debiti assunti verso movenze es
senziali di quel pensiero anche da parte del ‘non razionalista’ (ma ‘non
antirazionalista’) Vico, asperrimo critico del ‘riduzionismo’ epistemolo
gico del cartesianesimo (e in ispecie dei cartesiani più riduttivisti), co
stante denunciatore, innanzitutto sul piano ‘pedagogico’, dei gravissimi
rischi che la loro impostazione comportava in ispecie dal punto di vista
etico-politico, cioè sul piano della «vita civile».
Ma la possibilità fattuale di dislocare nella sfera accidentata del mondo
storico la strategia di spiegazione di fenomeni molteplici, fino alla totalità
storica costituita dall’insieme della storia dell’«umanità gentile», la stessa
possibilità di pensare ad un ordine storico eterno (condizione preliminare
di tale opera di dislocazione), era in realtà assicurata dall’attingimento ad
un antico immaginario naturalistico-organicistico. Questo può essere avvi
cinato, studiato, secondo due essenziali aspetti, o modelli, distinti pur se
strettamente connessi. Per il primo aspetto abbiamo a che fare con un an
tichissimo immaginario, sulla scorta del quale complessi fenomeni storici,
e in ultimo quell’individualità collettiva che è l’umanità che si dà nella sto
ria, sono ricondotti ad una successione naturale di fasi, di ‘età’: successio
ne dall’iniziale forma, figura, del fanciullesco a quelle dell’adulto, del pie
namente maturo, fino a quelle declinanti della decadenza. Per il secondo
aspetto, abbiamo a che fare con un modello di successione di figure meno
diffuso, ma oggetto magari di maggiore (pur se meno esplicita) elaborazio
ne concettuale: successione dalla figura della latenza a quelle dello svilup
po (e viene facile innanzitutto pensare all’immaginario di impronta ‘biolo
gica’ che si può sostenere sorregga la metafisica aristotelica della sostanza).
Come si diceva, il primo modello naturalistico risulta diffusissimo nel
la tradizione occidentale, conoscendo in verità diverse formulazioni, an