L’IMMAGINARIO NATURALISTICO
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In tal senso già di un qualche interesse appare lo spostamento di ap­
proccio nella storia del diritto dalla scansione ‘bipolare’ fondata sul nes­
so oppositivo ‘antico-moderno’ ad una pur consueta temporalizzazione
tripartita, per la quale alla prima «originaria iurium acquisitio» propria
del «ius naturale» («verum, sed incertum») seguono i due momenti del­
l’acquisizione del diritto propri del «ius gentium» («certum, sed violen­
tum») e del «ius civile» («certum et pacatum»)16.
Più significative, se non altro perché iscritte almeno parzialmente en­
tro un linguaggio di tipo ‘naturalistico’, appaiono le scansioni tempora­
li, peraltro anche esse fortemente consuete, che accompagnano o con­
notano la trattazione delle forme politiche, dei governi civili: ad esem­
pio laddove Vico discorre «de rerumpublicarum conservatione, corrup­
tione, emendatione, occasu»17.
Particolarmente interessante, perché rispondente piuttosto al modello
più astratto di ciò che va dal semplice al complesso, è poi la rappresenta­
zione degli sviluppi progressivi delle arti della civiltà umana (alle quale so­
lo più in ultimo seguono le più elevate idee filosofiche), in ubbidienza al
naturale ordine, scandito in tre momenti logici, per cui gli uomini badano
al soddisfacimento prima («prius») delle «cose necessarie», poi («deinde»)
delle «cose utili», infine («tandem») delle «cose dilettevoli»18.
In ultimo, del più grande interesse appare l’incerto tentativo, sul fi­
nire dello scritto, di inserire la più parte delle esperienze e forme dell’u­
mano in esso trattate (ma soprattutto la storia del diritto, oggetto preci­
puo del
De uno
) in uno schema temporale complessivo (che è lo stesso
«divinae providentiae ordo» che sarà un giorno la «storia ideale eterna»)
esplicitamente poggiato sulla corrispondenza tra età della vita umana ed
età del «genus humanum»19.
16
De uno,
specie CXIX, e, per le parole citate, anche CXVII, 4, pp. 139, 141.
17
Ibid.,
CLIII, pp. 203 sgg.
18
Ibid.,
CLXXXIII, 3, p. 265. Ad un analogo ritmo tripartito risponde anche la dinamica del
presentarsi delle forme di pensiero teorico, proprie dei filosofi, capaci di intendere rettamente «al-
tissimas res, nempe divinas». Ma tale successione sicuramente non potè darsi nella ‘stupefatta’con­
dizione originaria degli uomini, «in illa summa hominum ruditate omniumque rerum imperitia et
generis humani stupore», ma
dovette
darsi «in humanitate et cultu temporis historici», cioè in quel­
la condizione di avanzata civiltà che poi nel linguaggio vichiano sarebbe stata contrassegnata co­
me l’età dei «tempi umani». Allora si ebbero «primum physici, ut Empedocles aliique; deinde mo­
rales, ut Socrates, qui primus moralem philosophiam de caelo revocasse dictus est; tandem divini,
quorum princeps Plato»
(ivi.).
Si tratta di idee ed espressioni che abbiamo già trovato affermate
nella
Sinopsi,
e che poi saranno largamente riprese ai tempi della
Scienza nuova.
Più complesso il
caso della poesia, il cui vecchio legame con i tempi avanzati del diletto, della «voluptas», viene an­
cora ribadito in luoghi come questo, e mantenuto non senza contraddizione nello stesso testo (cfr.
segnatamente CCXIX, p. 339), per essere sciolto solo più avanti nel pensiero di Vico.
19
Ibid.,
CCXIX, p. 339.
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