L’IMMAGINARIO NATURALISTICO
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In secondo luogo, su questo terreno prescelto Vico mette in campo, nel­
lo studio di una ‘natura dinamica’ ad esso pertinente, un mirabile ‘geneti-
smo forte’,per così dire, del tutto diverso dal ‘genetismo debole’di impronta
aristotelica: per il quale ultimo, cioè, l’elemento teleologico riguarda lo svi­
luppo intrinseco ad una forma che è sempre uguale a sé stessa, e rispetto al
quale il tempo è un quadro di riferimento che non implica incremento.
In terzo luogo, l’idea, di segno aristotelico, di uno sviluppo che con­
tiene già l’atto, di un genetismo non produttivo del nuovo, è ulterior­
mente contraddetto dalla nozione di stampo cristiano che la natura uma­
na decaduta, in ispecie quando raggiunge consapevolezza della sua vi­
cenda, diviene responsabile di essa, delle stesse conquiste «occasionate»
naturalmente: onde lo sviluppo e la sua gestione sono, almeno in ultimo,
precaria, non necessaria, attuazione di un’essenza. Dunque l’“essenza’
dell’uomo è, insieme, di essere debole, e tale quindi che, fino a una cer­
ta soglia, gli sia provvidenzialmente concesso un certo (ma in effetti as­
sai rilevante) indice di ‘sviluppo naturale’; ma pure di essere alfine na­
tura aperta, responsabile, oltre che dinamica.
In quarto luogo, infine, il pensiero di Vico, attento a seguire l’ampis­
sima fenomenologia dello «spiegarsi» della «mente» umana nel tempo,
si fa indagine né di un unico soggetto, né di singoli, in ultimo irrelati, in­
dividui (o eventi): si fa studio invece di un soggetto storico plurimo, plu­
ralizzato in forme (innanzitutto le «nazioni») e stadi sociali, politici, cul­
turali, fortemente differenziati (così come aveva cominciato a meditare
il più agguerrito pensiero europeo storico-comparativo); si fa storia del
«développement social» (come ebbe a osservare in un suo contributo il
Pons) e insieme storia della cultura, storia di soggetti collettivi e dell’in­
treccio vivo delle loro forme culturali29.
29
Cfr. A.
PONS,
Lidée de développement chez Vico
, nel volume
Entreforme et histoire. Lafor-
mation de la notion de développement à l’àge classique,
Paris, 1988, p. 185: Vico «était moins un
philosophe de F'histoire’ qu’un philosophe du ‘développement social’». Il contributo di Pons
non manca di soffermarsi concisamente sugli impieghi in Vico, e prima di Vico, della metafora -
«une sorte de métaphore obligéee» - «biologique du développement de l’individu» (per le pa­
role citate cfr. pp. 182-183). Ma considerevole parte del volume è interessante per il nostro ar­
gomento. Basta rilevare che la prima sua sezione è intitolata «Semences» (con studi che investo­
no il pensiero medievale, Gassendi e Leibniz). In altra occasione potrebbe essere interessante di­
scutere diverse tesi che in esso si leggono, a partire da quelle (in alcuni casi persuasive, in altri me­
no) avanzate nel denso
Avant-Propos
di O. Bloch (pp. 7-11): sull’apparire del termine e dell’idea
di «développement» alla fine del XVH sec., in relazione anche alla possibile influenza del lavo­
rio di decifrazione dei rapporti tra ‘invisibile’e ‘visibile’nel nuovo orizzonte della precisione stru­
mentale della scienza seicentesca; sugli antecedenti del termine e del concetto di «semence»; sul­
l’idea di sviluppo nel Seicento come risposta «idéologique» a quella che sarebbe stata la crisi del­
la storia come «domaine du contimi», etc.
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