VICO IN ALCUNI MOMENTI DELLA TRADIZIONE RISORGIMENTALE ITALIANA
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tempi del filosofo napoletano, quanto piuttosto alla specifica temperie
culturale ottocentesca - , la quale si è articolata intorno ad alcuni motivi
specifici (ad esempio la storicizzazione delle idee umane, l’avversione per
i «filosofi monastici e solitari» autori di sistemi astratti e il favore per la
filosofia civile) e il cui nucleo teorico centrale resta, come ha messo in
luce Pietro Piovani, la «visione sociale della storia», volta ad indagare
«da quali azioni l’autorità sia stata autorizzata ad essere autorevole»2. In
questa prospettiva il senso del processo storico sta nel mostrare in che
modo e attraverso quali modificazioni si sia formata e stabilizzata una
«filosofia dell’autorità», attraverso cui è possibile, scavando alle radici
del movimento di formazione delle istituzioni, individuare le forze sto
riche che ne sono alla base e seguirle nel loro effettivo evolversi. Infatti,
grazie alla sua capacità di osservare le forme politiche come si sono con
cretamente realizzate, a partire dalle selve per giungere alle città e alle
accademie, Vico è riuscito a gettare lo sguardo «nelle fibre del tessuto
sociale», mostrando le alterne vicende che segnano il mondo storico, nel
quale è possibile intravedere lo schema di lotte di classi che si scontrano
tra loro nella consapevole appartenenza ad «un movimento di istituti che
nascono, si consolidano, si ampliano, si indeboliscono, si sgretolano»3.
Conosciamo il modello attraverso il quale Vico descrive l ’ideale cammi
no delle nazioni, segnate innanzitutto dalle azioni dei ‘forti’ che per pri
mi, abbandonando il nomadismo ferino, assicurano a se stessi e ai famoli
la certezza dei campi, delle famiglie, dei figli, per poi fondare le città e le
civiltà, imponendo tutele e domini da cui i ‘deboli’ possono emancipar
si solamente acquistando una loro forza che viene fatta valere nella lot
ta con i padri. In tal modo le istituzioni si formano e si trasformano, e
Vico traccia quella che è stata definita un’autentica «dialettica del con
creto», nella quale hanno senso solo le idee e i bisogni effettivamente rea
lizzati dagli uomini, e nella quale si può realizzare « l’ordine della vita as
sociata»4, dato dall’attiva partecipazione degli individui, i quali agisco
no sempre in base a principi normativi intimamente legati al mondo ci
vile fatto dagli uomini stessi. Questo modello di filosofia della storia, ac
cennato nei suoi tratti generali, va ora dinamicamente confrontato con
le riflessioni degli autori qui presi in considerazione, giacché è intorno
ad esso che si costituisce il nucleo di un ragionamento volto a indicare
2 P. PIOVANI,
Della apoliticità e politicità di Vico,
in Id.,
Lafilosofia nuova di Vico
, Napo
li, 1990, pp. 155-156.
3
Ibid
., p. 158.
4 Cfr. F.
TESSITORE,
Vico e le scienze sociali
[1981], ora in Id.,
Contributi alla storia e alla
teoria dello storicismo,
cit., pp. 213-229.