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MAURIZIO MARTIRANO
me a personaggi insigni come Machiavelli e dotati di una carica ‘profe­
tica’, era stato in grado di aprire la strada agli sviluppi storico-politici del
XIX secolo e di preparare la «filosofia dell’avvenire» in quanto entram­
bi (Machiavelli e Vico), come avrebbe scritto Carlo Cattaneo, «credeva­
no alla continuità e perpetuità delle forme morali e alla possibilità di
an­
tevedere
i loro effetti»14.
3. Si è soliti accostare Ferrari e Cattaneo non soltanto per la comune
discendenza romagnosiana, ma soprattutto per il tentativo di porre «al
di sopra dell’indipendenza [italiana] il problema della giustizia nella li­
bertà» e di stabilire « l’esigenza vichiana di un vero che s’accertasse nel
fatto»15. Numerose sono le consonanze tra i due studiosi, così come per
molti aspetti è comune il richiamo alla tradizione culturale laica e speri-
mentalistica, che, desumendo le idee dai fatti, rifiuta, come sostiene pro­
prio Cattaneo, la «solitudine della coscienza» cartesiana, incapace di sco­
prire le «tante trasformazioni a cui l ’uomo soggiace»16, per aprirsi alla
storia. Tuttavia in Cattaneo l’accento cade in maniera molto più netta
che in Ferrari sulla necessità di una indagine sul «fatto» concreto e in­
dividualizzato, il quale è il criterio della verità della scienza sperimenta­
le, giacché «ogni scienza deve scaturire dai fatti»17. Colto da questa pro­
spettiva l’interesse filosofico cattaneano assume il senso di una antropo­
logia storica volta a studiare e indagare i «fatti dell’uomo» nello spazio
e nel tempo, «le leggi e le manifestazioni del pensiero umano», per cui,
come ha scritto Franco Della Peruta, egli può essere indicato come il
convinto assertore di un «realismo critico fiducioso nel potere civile del­
le conoscenze positive e razionali che lo spinse a porre al centro dei suoi
interessi culturali il mondo della storia, naturale e soprattutto umana»18.
Se ci rivolgiamo al noto saggio (1839) che Cattaneo dedicò a Vico, nato
come recensione al volume dell’edizione ferrariana sul filosofo napole­
tano, queste problematiche trovano già una chiara e precisa tematizza-
zione. Lo spirito umano non può essere mai colto nella sua essenza, ma
soltanto attraverso le sue manifestazioni e modificazioni, attraverso quel
«poliedro
ideologico» da scrutare nelle innumerevoli e comuni facce che
indicano il campo della sua perfettibilità. «Da questo terreno tutto istè­
rico ed
esperimentale
deve sùrgere l ’intera cognizione dell’uomo, la qua-
14
Cfr. C. CATTANEO,
Epistolario
,
a cura di
R.
Caddeo, Firenze,
1949-1956,
voi.
IV, p. 156.
15 E.
G
arin
,
Storia della filosofia italiana
, Torino, 1966, voi. Ili, p. 1181.
16 C.
CATTANEO,
S
u
la Scienza nuova di Vico,
ora anche in Id.,
La scienza nuova dell’uma­
nità. Scritti vichiani 1836-1861,
a cura di G. Cospito, Genova, 2002, p. 49.
17 Id.,
Scritti politici
, a cura di M. Boneschi, Firenze, 1964-1965, voi. I, p. 284.
18 F.
D
ella
P
eruta
,
Carlo Cattaneo politico,
Milano, 2002, p. 9.
1...,56,57,58,59,60,61,62,63,64,65 67,68,69,70,71,72,73,74,75,76,...402