70
MAURIZIO MARTIRANO
mo, facendo così propria una visione dinamica della vita fondata sulla
consapevolezza della necessità di molteplici centri di forza in grado di
scongiurare il pericolo del declino e del conseguente rischio di imbar
barimento di una civiltà. Ritorna ancora una volta il richiamo ad un prin
cipio comune, uniforme, che regola lo sviluppo della storia umana e che
appartiene a tutta la società, la quale, divisa in due distinte classi che se
guono o il principio della barbarie o il principio del progresso, scopre la
contrapposizione tra i ceti, da una parte la casta dei nobili, del clero e
dei militari, dall’altro il popolo, vale a dire la borghesia illuminata che
cerca la libertà negli studi e nei commerci. Una concezione che chiara
mente mostra anche il rifiuto di ogni visione o accettazione passiva e fa
talistica dell’esistente a favore della rivendicazione della libera e respon
sabile attività dell’individuo che supera le forze avverse all'incivilimen
to. Sono note le conseguenze strettamente politiche di queste visioni del
la storia e dell’uomo, che, in particolare dopo il 1848, lo inducono ad av
vicinarsi all’ala democratica della politica italiana. In tal senso va com
presa anche l ’adesione al progetto federalista, preoccupato di garantire
la libertà delle autonomie locali nel rispetto delle peculiari tradizioni sto
riche, e solo parzialmente condiviso con Ferrari, il quale auspicava la
priorità della libertà sull’indipendenza, lo stretto collegamento tra la ri
voluzione italiana e quella francese, l ’idea di una federazione repubbli
cana, una legge agraria e la realizzazione del socialismo.
L’ispirazione vichiana che attraversa la riflessione cattaneana trova
un’importante conferma nel saggio del 1858
La città considerata come
principio ideale delle storie italiane,
nel quale si affronta un tema, quello
appunto della città, che costituisce una chiave di lettura dell’intera sua
opera. Anche in questo caso è possibile riscontrare affinità e differenze
rispetto a Vico, il quale ha riflettuto intorno alla città come uno dei luo
ghi ‘materiali’ percorsi dall’umanità nella storia del suo incivilimento,
costruendo « l’ordine delle cose umane» dalle selve alle città alle acca
demie. In comune con il filosofo napoletano vi è, per esempio, il tenta
tivo di descrivere una geografia della città, che passa in rassegna dal pun
to di vista storico i tratti comuni e le distinzioni tra le città italiane e quel
le orientali e settentrionali, la necessità, dunque, di una analisi compa
rativa delle forme e dei tempi delle città che può anche essere intesa co
me una delimitazione di quella trattazione comparativa dei costumi e de
gli istituti dei popoli fatta da Vico. Una tale trattazione, è stato recente
mente osservato, spingeva verso una duplice direzione: «Da un lato in
fatti Vico era sollecitato a introdurre anche sul terreno della formazione
e continuità delle forme di civiltà, delle ‘artes’ e ‘scientiae’, e tanto più
evidentemente dei ‘mores’, precisi tratti di marcata differenziazione tra