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MONICA RICCIO
assonanza con gli obiettivi della
Scienza nuova
vichiana. Farò poi un cen­
no ai
Pensieri politici
di Vincenzo Russo, pubblicati nel 1798. Sono tut­
ti testi che dialogano con la cultura europea contemporanea: con Buffon
e Boulanger, con Mably, con Montesquieu e Rousseau, con Hume, con
Ferguson, con Helvetius, per citare solo alcuni dei nomi in essi ricor­
renti. E sono testi in cui la presenza di Vico, implicita o esplicita, è più
che frequente.
Il nucleo tematico vichiano di cui vorrei esaminare la ricezione, le me­
tamorfosi, la parzializzazione, l ’eventuale elusione è quello del conflitto
sociale e della dialettica, sincronica e diacronica, tra uguaglianza e disu­
guaglianza. Si tratta, com’è noto, di un nucleo costitutivo della
Scienza
nuova.
Il sostegno, il motore del mutamento storico nel corso delle na­
zioni disegnato da Vico è infatti, sempre, il conflitto sociale. L’«istoria ci­
vile» nasce, e procede, nel travaglio della convivenza diseguale. Dal mo­
mento in cui il fulmine atterrisce e ferma alcuni, e solo alcuni, dei giganti,
distogliendoli dall’erramento ferino, l’umanità avanza unendosi su una
frattura, che è, da subito, divisione sociale: figlioli e famoli, padri e clien­
ti, patrizi e plebei. Non si dà società, associazione, non si dà «genera­
zione degli Stati civili»2 - dice Vico a più riprese, e con forza, nella sua
opera maggiore - se non all’interno di questa unione squilibrata. E tale
unione, cementata dalle «utilità della vita», è insieme sempre, e da subi­
to, attraversata da una tensione ineliminabile, che si traduce, più spesso
che in guerra aperta, in pressione minacciosa da parte dei famoli-clien-
ti-plebei sugli eroi-patrizi, che cedono solo quando è inevitabile, ma ce­
dono più volte, concedendo diritti e smussando o eliminando abusi, con­
tribuendo così, in modo decisivo, al mutamento e al movimento storico
lungo le tre «sètte di tempi». Non mi fermerò su questo punto, noto a
tutti, né sui modi in cui questa perenne contesa ‘muove’, per così dire, il
corso delle nazioni, né, ancora, sulla latenza dell’uguaglianza fra gli uo­
mini legata alla stessa latenza della ragione umana, o sui problemi che
insorgono nella convivenza civile quando i plebei si riconoscono di ugua­
le natura dei nobili, e riconoscono ‘vano’ l’eroismo, sulla gestione, in­
somma, della raggiunta uguaglianza nei governi umani.
Certo questo procedere conflittuale è saldamente inscritto nei dise­
gni di una Provvidenza, che, pur nella particolarissima connotazione vi­
chiana, non può essere compresa ed accolta da un pensiero illuministi-
co-riformista; certo Vico non è pensatore ‘rivoluzionario’, e non si tro­
va, come Pagano, come Filangieri, di fronte a concrete possibilità di rifor­
2 G. Vico,
Princìpi di scienza nuova d’intorno alla comune natura delle nazioni,
in
Opere,
2 voli., a cura di A. Battistini, Milano, 1990, voi. II, degn. 82, cpv. 264, p. 524.
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