LETTURE DEL CONFLITTO SOCIALE
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go di provenienza dei primi diritti; torna, di fatto, alla polemica con
Rousseau, ampiamente dipanata nelle parti precedenti, e ribadisce l ’ine­
guaglianza come il naturale, ‘vero’, stato degli uomini. Il punto di origi­
ne dell’ineguaglianza politica, in questo percorso, risulta piuttosto ne­
buloso: l ’ineguaglianza politica è costituita dalla legge, è la legge, cioè,
che
fa
l ’ineguaglianza politica, ma questa si vuole naturale, originaria co­
me le altre due, e rimanda troppo spesso all’ineguaglianza morale.
Fin dalle prime, rudimentali forme di associazione, fin dal primo ma­
nifestarsi di bisogni e di possessi, sono visibili, nella storia, rapporti di
clientela. In queste pagine la presenza di Vico si fa esplicita, e frequente,
a testimonianza, si potrebbe credere, di un’acquisizione di quel nucleo te­
matico di cui si diceva sopra. Se Robertson è citato per fornire esempi di
governi feudali, Vico lo è per l ’uniformità del corso delle nazioni: tutto il
mondo è sparso di clientele7. Ripresa esplicitamente da Vico è anche la
storia del progressivo affrancamento dei clienti, con la conquista del do­
minio bonitario dei campi prima, poi di quello quiritario. Conferma ul­
teriore, questa, della fortuna di quest’analisi vichiana, di questa proposta
di scansione del processo evolutivo e sociale dei Romani. Ma l’attenzio­
ne di Grimaldi è poco concentrata sulle vicende dei Romani, molto di più,
invece, sul mondo della ‘barbarie feudale’, e qui non è Vico a fare da sup­
porto, ma piuttosto le
Observations sur l’histoire de Trance
di Mably
(1765). Accolta, di Vico, e ripetuta senza però esplicita citazione, quella
che Grimaldi chiama la «regola generale in tutto il corso della Storia uma­
na», per cui non si passa dallo stato di barbarie allo stato civile «se non vi
è una forte scossa cagionata da’ disordini de’ Grandi, che opprimono la
plebe a tal segno, da farla ribalzare dal suo stato di avvilimento, e di op­
pressione»8; «se la plebe, il popolo, o la moltitudine oppressa da’ Nobi­
li, non acquista un grado di libertà, e di sicurezza eguagliando i suoi di­
ritti a quelli de’ Nobili»9. Ancora vicina a Vico è la caratterizzazione del
governo monarchico come quello in cui il capo, per contenere lo strapo­
tere dei nobili, «promuove i vantaggi della plebe»10. Notiamo per inciso
che qui il termine ‘plebe’ non ha caratterizzazioni storiche precise, e che
qui, e in pochi altri luoghi, sono citate a testimonianza, ma di passaggio,
la storia greca e romana. I modelli politici dell’antichità hanno di fatto
perso il valore esemplare e paradigmatico che avevano avuto non solo per
Vico, ma per molta parte della cultura italiana; lo si riscontra chiaramen-
7 Cfr., tra l’altro,
ibid..,
p. 27.
8
Ibid.,
p. 31.
9
Ibid
., p. 33.
10
Ibid.,
p. 34.
1...,71,72,73,74,75,76,77,78,79,80 82,83,84,85,86,87,88,89,90,91,...402