LETTURE DEL CONFLITTO SOCIALE
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poiché si ragiona de’ membri, ossiano delle parti della società, che sono anche
corpi morali, il numero degli individui prima di ogni altro è cagione del pote­
re di quel tale ordine omembro. Quindi se lordine aristocratico sia numero­
so assai riguardo al popolo, aristocratica sarà la forma del governo, la quale
naturalmente nasce da quel primo stato di barbara società, nella quale i nobi­
li sono potentissimi, e serva è la plebe16.
Ora, che la plebe possa mai essere meno numerosa della nobiltà, è
difficile da credersi. Per Vico, e non solo, la plebe è moltitudine. Paga­
no stesso rettifica poche righe dopo. Certo, anche Vico aveva visto nel
numero dei plebei la loro forza, insufficiente però ad «egu ag lia rsi ai
nobili senza una serie di altre conquiste, e di molte contese. Quando,
poco più oltre, Pagano afferma che non solo il numero, ma soprattutto
l ’unione rende forte un ordine sociale, riconosce alla nobiltà - perché
meno numerosa e più colta - maggiori capacità di tenersi unita per una
causa comune, al contrario del popolo, che, secondo immagini consue­
te, si accende ma agisce come una tempesta passeggera, si divide pre­
sto, perché ciascuno finisce per inseguire il proprio «interesse imme­
diato e picciolo»17. Più oltre ancora, per spiegare le «esterne cagioni»
che influiscono sui diversi governi, dunque sui loro mutamenti, Paga­
no ricorre di nuovo all’esempio romano, che pure, in Vico, aveva con­
siderato limitante. Le ricchezze vengono annoverate tra queste «ester­
ne cagioni»: sono infatti «mutatrici de’ governi, e cagioni delle grandi
rivoluzioni degli Stati»18. La domanda che il Pagano si pone è quando
e perché passino da una classe all’altra, determinando questi profondi
mutamenti; alle origini le repubbliche sono sempre nelle mani dei no­
bili, ma, con le prime leggi agrarie, anche il popolo divenne partecipe
di quelle ricchezze.
La dipendenza de’ plebei essendo mancata, lo stato si vide a poco a poco
cangiare. E tale e sì fatto caso avvenne in Roma, ove dal barbaro governo ad
una più mite aristocrazia si fece passaggio, e questa poi in repubblica popola­
re si volse19.
Ho tratto queste citazioni dal Saggio V, «De’ principii e progressi del­
le società colte e polite», che è considerato il nucleo della teoria politica
di Pagano. Ho citato dall’edizione del 1785. Nell’edizione dei Saggi del
16
Ibid.,
pp. 500-501.
17
Ibid.,
p. 504.
18
Ibid.,
p. 510.
19
Ibid.,
p. 511.
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