RELIGIONE E DIRITTO NEL
DE UNO
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Le occasioni delle cose non sono punto le cagioni di esse. I corpi, e le co
se che ne dipendono, come i sensi, sono le occasioni per le quali vengono
eccitate nelle menti le idee eterne delle cose; ma le cose sfuggevoli e cadu
che come i corpi, e ciò ch’è di essi, non possono generare ciò ch’è eterna
mente al corpo soprastante11.
Gli ultimi due assunti trattano, poi, rispettivamente della contem
plazione12 e della corrispondenza tra le idee e le cose13 (oggettività del
conoscere), due temi fortemente connessi alla definizione del
verum.
Ci
sembra importante far battere l’accento proprio su quest’ultima propo
sizione: la corrispondenza tra l ’idea e la cosa, che assicura l’oggettività
della scienza e del pensiero, è garantita dall’ordine ontologico, ed è pro
prio grazie a quest’idea di ordine eterno che la mente finita riesce a espli
care quelle operazioni -
conferre, dirigere, commetiri, intelligere, agno
scere -
tramite le quali la realtà si struttura ontologicamente:
Ma queste nozioni della verità non potrebbe l’uomo averle cogli altri uo
mini comuni, se non avesse comune con essi anche l’idea dell’ordine; per
questa idea, ed in essa, può l’uomo ragguagliare al nulla gli attributi dell’ente,
adeguare e misurare un tutto colla parte di esso, conoscere esservi nei beni
una rispettiva gradazione, che gli fa più o meno desiderabili, ad essere la fe
licità sovra ogni altro bene desiderabilissima14.
Il dualismo della sostanza, dal quale il discorso di Vico prende le mos
se, permette allora di comprendere la complessa valenza dell’immutabi
lità e dell’eternità dell’orbo: se il corpo è caducità e divisione non può di
certo produrre un’idea che gli sia superiore, quell’idea di ordine eterno,
non frazionato né frazionabile, che è per questo l ’idea di una mente in-
11
OG,
p. 36
[De uno, Assumptiones metaphysicae
§ III, 35].
12 «Unum esse genus assensionis, et quo rebus contemplandis, et quo rebus in vita agen
dis, perspicue, ut tamen utrarumque fert natura, demonstratis assentimur»
(Ibid.,
p. 37
[De
uno, Assumptiones metaphysicae
§ IV, 36]).
13 «Et postremum, quantum rei de obiecto perspicua idea exhibet menti, tantundem es
se in obiecto necesse est»
(Ibid.,
p. 37
[De uno, Assumptiones metaphysicae
§ V, 37]).
14
Ibid.,
p. 40
[De uno,
3]. A riguardo si legga ancora la limpida analisi di Carillo: «[...]
L’ordine non è un modello di descrizione delle operazioni della mente; è, ben più radical
mente, la loro condizione di possibilità, il luogo trascendentale in cui le verità eterne sono
pensabili e al di fuori del quale la mente si preclude ogni possibilità di raggiungere il vero,
per il semplice motivo che il vero può emergere solo dalla conformità all’ordine (‘aeterna
quaeque veritas est cum aeterno rerum ordine conformatio mentis’). E, in quanto luogo tra
scendentale delle verità eterne, l’ordine deve essere, a sua volta, necessariamente eterno: in
senso aristotelico, non deve patire alcuna modificazione, alcuna
passio motus,
ad opera del
tempo, non deve sottostare in alcun modo al divenire ‘secondo il prima e il poi’ (‘Kirra xo
TCpóxepov m i ixTtepov’)»
(C
arillo
,
op. cit.,
p. 88).