RELIGIONE E DIRITTO NEL
DE UNO
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(«l’unica legge di direzione che tutto produce e governa»), alla
facilità
(«or
dinamento di tutte le cose fondate sovra lo spontaneo concorso di esse») e
alla
bontà
(«potenza insita in caduna cosa di cooperare alla sua conserva
zione per un proprio e continuo sforzo»20). In un tale contesto fulcro del
l’orafo trinitario è la sapienza, sulla quale spontaneamente convergono po
tenza e volontà. La sapienza di Dio è
divina Provvidentia
e produce ciascu
na cosa a suo tempo; essa si identifica con il
Nosse
e si manifesta all’uomo
attraverso
opportunitates
(«le cose che gli occorrono conforme ai suoi desi
deri»),
occasiones
(«quelle che oltre alla sua speranza gli accadono») e
casus
(«quelle che contro ogni sua credenza gli avvengono»21). Si è già detto di
come Vico ravvisi nell
'omnipotentia
una delle tre virtù divine: ora, è pro
prio su tale principio che è necessario soffermarsi, per cercare di chiarire e
di verificare le nozioni di verità eterne e di ordine alla luce dello sposta
mento del discorso vichiano verso un piano più propriamente teologico.
Si consideri allora l’esclusiva pertinenza a un ambito strettamente teo
logico del concetto di
omnipotentia,
dato finito non ulteriormente riduci
bile e per questo passibile di un’accettazione acritica. Di più, si è già segna
lato che nel definire le vie grazie alle quali Dio
cuncta regit,
Vico si serve di
due aggettivi entrambi di grado superlativo: quelle vie sono così stabilite
simplicissimae
se poste in relazione all’
ordo, facillimae
se rapportate
ah’om
nipotentia22.
Non è dunque difficile intuire che è proprio nella facilità mas
sima di esse che trova una conforme proiezione l’onnipotenza di Dio, il so
lo che le possa mettere in atto senza incontrare alcuna restrizione23.
20 «Simplicitas elucet, quod una directionis lege facit regitque cuncta. Facilitas manifestatur,
quod ipsarum sponte rerum disponit cuncta. Bonitas ostenditur, quod omnibus rebus a se crea
tis quendam conatum, quoddam ingenium indit se conservandi»
(ibid.
p. 45
[De uno,
§ VII]).
21 «Divinae providentiae autem viae sunt opportunitates, occasiones, casus: opportuni
tates si optato, occasiones si praeter spem, casus si praeter opinionem. Quo sensu, si cum Pla
tone dixeris opportunitatem esse rerum humanarum dominam, uti vulgo dicunt ‘fortunam’,
non plane erraveris»
(ibid.
p. 45
[De uno,
§ IX]). A tale proposito così osserva Caporali: «Ri
composta nel seno della sapienza infinita di Dio, rispetto alla lezione prevalentemente natu
ralistica del
De antiquissima,
la fortuna come provvidenza s’erge ora a protagonista del mon
do dell’uomo, mano invisibile del
concorso -
titanico ma in sé limitato e finito - che gli uomi
ni possono mettere in campo nel disegno universale della redenzione» (R.
CAPORALI,
Heroes
gentium. Sapienza e politica in Vico,
Bologna, 1992, p. 78).
22 Cfr.
supra,
nota 19.
23 Nel
De antiquissima
Vico afferma che la
facilitas
è il principio costitutivo della defini
zione di
facultas
: «‘Facultas’ dicta quasi ‘faculitas’, unde postea ‘facilitas’, quasi sit expedita,
seu exprompta faciendi solertia. Igitur ea est facilitas, qua virtus, in actum deducitur» (G. Vl-
CO,
De antiquissima Italorum sapientia
[1710], in
Operefilosofiche,
a cura di P. Cristofolini,
Firenze, 1971, p. 113). Ancora Carillo fa notare che la
facultas/facilitas faciendi
nel suo più
estremo grado di estensione non è altro che
omnipotentia,
e che pertanto «termini come
fa-
cere, patefacere, facilis, facilitas, facultas,
da un lato,
omnipotentia,
dall’altro, si saldano così in