RICORDO DI NICOI.A BADALONI
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Vico, appunto. Al filosofo napoletano Badaloni aveva dedicato gran
parte delle sue energie di fine studioso e storico delle idee, ma anche di
interprete filosoficamente originale. Su Vico egli scrisse la sua tesi di lau
rea, assegnatagli dal maestro amico e compagno Cesare Leporini, Su Vi
co Badaloni - come si è detto sopra - ha scritto importanti volumi e sag
gi (alcuni dei quali apparsi anche nel nostro «Bollettino»). Con Vico e
l’ultimo libro su di lui si è chiusa l’operosa e feconda ricerca di un gran
de maestro che insieme a due altri insuperati studiosi della filosofia vi-
chiana - Pietro Piovani e Eugenio Garin - aveva in modo decisivo, già
nel libro del 1961, contribuito a demolire il falso mito dell’isolamento di
Vico dal suo tempo (d’altronde sono ben noti gli studi badaloniani vol
ti proprio a indagare a fondo la cultura napoletana e meridionale tra ’600
e ’700).
Badaloni aveva, con grande tenacia e con sempre nuove argomenta
zioni filologicamente fondate, difeso la ‘modernità’ di Vico, la moder
nità di un programma scientifico che si rivolgeva all’oggetto specifico
della conoscenza storica. Si potrà naturalmente ancora discutere - come
da un quarantennio si discute - sulle interpretazioni vichiane di Badalo
ni (penso alle memorabili e sempre reciprocamente rispettose polemi
che tra Badaloni e Paolo Rossi). Ma se il mestiere di storico delle idee e
della filosofia non è solo quello del mero processo, pur necessario, di ri-
costruzione e interpretazione, ma anche quello della continua riapertu
ra dei problemi e dei temi che dall’autore studiato si riverberano e si
riformulano nel proprio tempo, allora Badaloni è stato indubbiamente
tale. Il convincimento, ad esempio, che Vico possa rappresentare l’indi
spensabile anello di congiunzione tra la tradizione metafisica del plato
nismo e la nuova scienza galileiana (e la sua trasposizione nella scoperta
della funzione a un tempo metafisico-cognitiva ed etico-pratica della sto
ria) è ipotesi discutibile, ma è indubbiamente una delle poche originali
proposte ermeneutiche che sono state in grado di innovare la storia del
la critica vichiana all’indomani della progressiva consumazione delle im
postazioni neoidealistiche. E la straordinaria capacità dello storico di raz
za si è mantenuta intatta sino alle ultime pagine. Nel libro postumo de
dicato a Vico e Herbert si riformula e si arricchisce di spunti nuovi quel
la ipotesi interpretativa che aveva non infondatamente messo in relazio
ne due idee laiche di provvidenza-natura che, al di là del diverso ruolo af
fidato dai due filosofi alla metafisica e alla religione, da un lato, e alla sto
ria e al diritto, dall’altro, trovano il loro punto d’incontro in una idea tut
ta moderna di autoconservazione dell’umanità e delle sue forme storiche
di civilizzazione. È a questa idea che il Vico di Badaloni aveva dato l’im
pulso decisivo, scoprendo e teorizzando quell’indispensabile nesso tra le