«LA MEDICINA EROICA» E IL «F1SICARE PRESENTE»
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mente la Gloria; perc’ha per fine la conservazione dell’Umana Società,
la qual’è tutta l ’occupazion della G loria»11.
Veniamo ora al tema della medicina, quale è svolto nella prefazione.
Vico comincia lo scritto soffermandosi, e la cosa è un po’ d’obbligo nel
presentare una traduzione, in elogi al traduttore con un
excursus
com­
parativo in cui richiama la traduzione virgiliana del Caro e poi quei poe­
ti che sanno essere al tempo stesso «toscani» e «latin i», come il Della Ca­
sa, il Bembo e il Sannazaro, non senza una punta critica verso il Marchetti
che appare rivolta non tanto al traduttore, quanto al poeta tradotto, Lu­
crezio12- e anche questo, in uno scritto «diplomatico» che si presenta ad
autorevoli uomini di chiesa, è un po’ un passaggio obbligato.
C ’è un passaggio aereo dalle considerazioni sulla lingua poetica latina
a quelle sulla medicina, poiché il latino è guardato come lingua «tanto na­
turalmente eroica, sublime e grande, quanto è tenera, gentile e dilicata vol­
garmente la greca»13; e l ’ideale che Vico professa, qui come nei coevi scrit­
ti su Omero e Dante, è quello della poesia sublime ed eroica, che avvezza
l’ingegno « a l più difficile, perché più grande, lavoro della Poesia, il qual’è,
con la novità della materia strascinarsi dietro, come necessaria, la novità
della locuzione, e con entrambe destare la maraviglia, la qual sola passio­
ne del cuor umano è quella che col silenzio acclama allo stil sublime»14.
Ma a questo punto Vico muove a se stesso e al lettore una implicita inter­
rogazione retorica, per rispondere alla quale non può che appigliarsi, con
artificio molto elegante, ai ritrovati della sua opera fresca di stampa.
Che cosa ci può essere di eroico, questa è la domanda, e dunque di
sublime, nella medicina? Nulla, a prima vista:
egli sembra, eh essa materia non abbia dell'Eroico. Ma a chiunque leg­
giermente vi rifletta sopra, e combini, si fa manifesto che ella lo ha pur be­
nissimo. Perché la Medicina negli antichissimi tempi fu professione d’Eroi,
onde tant’erbe ne serbano ancor’ i nomi fin’ al dì d’oggi. Medea co’ suoi ri-
medj rinnovella il suo vecchio padre Esone: la moglie di Tono, Re d’Egitto
ad Elena rigala il nepente: e di esser lo Dio della Medicina fa vanto esso Apol­
lo, il quale nella
Scienza nuova
si è ritruovato Dio della Luce Civile, o sia del­
la Nobiltà15.
Qui il rimando esplicito è al luogo della «Iconomica poetica» in cui
Apollo è richiamato in questa veste, pur senza che la medicina sia men­
11
lbid
., p. 934.
12
lbid.,
p.946.
13
Ivi.
14
lb id ,
p. 947.
15
lbid,
pp. 947-948.
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