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MANUELA SANNA
zionali fu definita da uno dei più fini filologi della pagina vichiana una
suggestiva ‘fabbrica’, nella quale molti pezzi sono mancanti e molti va
riamente collocati. Mancanti sono certo i manoscritti delle stampe del
1725 e del 1730, uniti alla grave mancanza del manoscritto stilato dall’au
tore a illustrazione e interpretazione della
Scienza nuova
del 1725 in vis
ta di quell’edizione veneziana che non si fece mai. Edizione che avreb
be potuto spiegare molte cose sul passaggio cruciale dal ’25 al ’30. La
mancanza di significativi esemplari postillati del ’25, se confrontata con
la ricchezza e la varietà del periodo successivo al ’30 finisce per tenere
ingiustamente in ombra questi passaggi segnalati da documenti di tipo
diverso, ma ugualmente attendibili. Tra ‘redazioni intermedie’ e ‘strati’
sedimentati su un’‘edizione mancata’ - così come ha negli ultimi anni
precisato Paolo Cristofolini - passa il filo di queste differenze.
Anche se molte cose di questi passaggi ci vengono dette in maniera
del tutto esplicita dal testo dell’
O ccasione d i m editarsi qu est’Opera.
Tut
to il grosso blocco espositivo che viene soppresso dal 1725 al 1730 ri
trova posto in questo eccezionale documento che è 1’
O ccasione,
la qua
le, facendo riferimento all’introvabile perché distrutta
Novella letteraria,
costituisce una specie di prova documentaria, rispondente al gusto
dell’epoca, in grado di attestare le richieste che Vico aveva ricevuto da
vari intellettuali di rimettere mano alla composizione della
Scienza nu o
va
per modificare, commentare e integrare molti luoghi. In questa parte
che Vico sentì fortemente irrilevante per la successiva edizione - avvisi
al lettore che sono di prassi necessari in una seconda edizione, soprat
tutto dopo le critiche cui l’opera era stata sottoposta, ma superflui in
quella successiva - tanto da barrarla di proprio pugno negli esemplari
XIII H 58 e 59, l’autore entra come di rado fa in contatto diretto con il
lettore e gli elargisce, nella parte finale, sette consigli riguardanti il me
todo di lettura che bisogna intraprendere, l ’abilità che deve acquisire la
mente di chi legge per entrare nello spirito di quest’avventura attraver
so riferimenti alP‘abbigliamento’ metaforico che il lettore deve adottare:
la mente deve spogliarsi « d ’ogni corpulenza» ma deve vestirsi di un ab i
to del «ragionar geometricamente», deve supporre dottrina ed erudi
zione, dev’essere una «mente comprensiva», deve avere acutezza, deve
aprirsi alle novità, deve usare meditazione. Se questa prassi non viene os
servata, suggerisce Vico, si rischia quel che rischiano i sordastri, che sen
tono una o due corde del clavicembalo, e «con dispiacenza», perché non
avvertono le altre che producono un’armonia dolce. Un’allusione di ti
po uditivo prima di lasciare il lettore davanti alla gigantesca immagine
visiva della Dipintura, e un richiamo a un nucleo interno di
fa cere,
a un
movimento tra le parti e il tutto.