PRESENTAZIONE
145
Pietro Piovani nel 1969 aveva sottolineato con lucidità che Nicolini,
come editore, si prestava a tener d ’occhio più il
m odificato
che il
m odi
fica rsi,
quando invece «in poche altre occasioni come in questa il filolo
go si identificherebbe con lo storico: lo storico coglierebbe letteralmen
te - davvero vichianamente - un pensiero nel suo farsi». E Cristofolini
segnalerà nel corso d ’opera come il suo lavoro fosse simile a quello di un
artigiano che mira al restauro ma anche al recupero di materiali antichi.
Forse qui risiede il fulcro di una distanza tra una «filologia antiquaria»
e una filologia «storica», come segnalò anni addietro Antonio Garzya, e
questa distanza crea il movimento delle parti, le lascia libere di muover
si, contro un intervento filologico che immobilizza il materiale testuale.
Figlio di libraio e vissuto a lungo tra librai e tipografi, Vico capisce
bene come il risultato finale può essere di molto migliorato o modifica
to dalla presenza sul luogo della stampa, molto assidua anche nella suc
cessiva stampa del 1744 - come testimonia attualmente la bella ristam
pa anastatica curata da Veneziani nel 1994, che mette in luce anche i
non pochi errori e imperfezioni della stampa dovuti a ll’intervento di
retto dei compositori. Questo è cioè il problema che emerge quando
l ’autore lavora in sinergia con il tipografo e non interrompe l’avanza
mento dei lavori neanche nel corso dell’opera, neanche quando le co
pie sono già in circolazione. Ed è da questo problema che con potenza
in questa edizione emerge il tema del rapporto tra un’edizione ‘fedele’
e un’edizione ‘virtuale’, della costruzione di un equilibrio stabile fra le
due possibilità.
D’altra parte già negli anni ’70, quando si cominciò a parlare sul «Bol
lettino» dell’organizzazione di questa macchina dell’edizione critica,
Umberto Bosco ricordò che la fedeltà a un autore non deve scivolare ne
gli eccessi, non deve farci dimenticare che «le edizioni, anche quelle cri
tiche, non sono fatte per uso interno di pochi malinconici filologi e lin
guisti», perché anche se il pubblico al quale un’edizione critica si rivol
ge è ridotto numericamente, è purtuttavia fortemente esteso per com
petenze e interessi specifici, e certo per curiosità. Questa edizione della
Scienza nuova
del 1730 ci sembra non disilluda queste aspettative, ma
che anzi intervenga su un testo difficile e arduo con un sapiente senso
della storicità, stimolando e solleticando l’intervento diretto del lettore,
dandogli l’opportunità di assaggiare le difficoltà e le minuzie che hanno
potuto appassionare il curatore.
M
a n u e la
S
anna