146
ANDREA BATTISTINI
* * *
Non deve sembrare un’iperbole ma una definizione referenziale se ci
si spinge a definire epocale l’impresa filologica di Paolo Cristofolini che,
giovandosi della collaborazione imprescindibile di Manuela Sanna, ha cu
rato l’edizione critica della
Scienza nuova
del 1730 (d’ora in poi:
Sn30).
Che l’evento segni una svolta nell’economia dell’ecdotica vichiana è
confermato dal fatto che nessuno fino a oggi aveva mai tentato di pub
blicare integralmente questa redazione intermedia tra la stesura del ’25 e
quella del ’44, con le varianti d’autore estese dai manoscritti alle copie a
stampa. Ma il carattere epocale si giustifica anche per il tempo che si è re
so necessario per l’allestimento, che rivaleggia con il tempo occorso allo
stesso Vico per stendere la
Scienza nuova
, un’opera che, opponendogli
«aspre difficultà», lo costrinse alla «ricerca di ben venti anni». Quanto a
durata della sua fatica filologica, Cristofolini non gli è da meno, se in un
attimo di abbandono retrospettivamente autobiografico ricorda di aver
le dedicato diciotto anni, dal 1986 al 2004. Né si può dire che si sia ac
cinto a questo lavoro senza la necessaria preparazione, visto che in realtà
la sua milizia editoriale sotto le insegne di Vico risale a molti anni prima,
ossia a quando - si era nel 1971 - curò presso Sansoni le
Opere filo so fich e
del suo autore, uscite con l’avallo di un’introduzione di Nicola Badaloni,
confermato tre anni dopo nel volume delle
Opere giuridiche.
Questo lungo tempo c ’è voluto tutto. A richiederlo è non solo la ri
levanza filosofica e speculativa del pensiero vichiano, ma anche la pecu
liarità stilistica del suo dettato. Se si condivide la distinzione, risalente a
Umberto Bosco, tra filosofi privi della qualifica di scrittori e filosofi che
sono al tempo stesso dotati di un’attitudine letteraria, non c’è dubbio
che Vico appartenga a questa seconda categoria, che rende significative
anche le varianti lessicali ricche di quelle valenze estetiche che richiedo
no un’auscultazione attenta anche alle minime risonanze. Per rifarsi a un
caso su cui lo stesso Cristofolini ha attirato l ’attenzione (cfr.
Le franqais
selon Vico e t Vico en frangais,
in
Vico, la Science du m on d e civ il et le su
blime. Autour d e la traduction d e «La S cien ce n ou v elle» par Alain Pons,
textes réunis par A. Pons et B. Saint Girons, Nanterre, Université Paris
X, 2004, pp. 35-36) si pensi al sintagma «borea delle Nazioni» e «borea
de’ Dotti», che con questo esito si presenta nel 1730 ancora legato alla
sua origine metaforica, essendo il vento di tramontana un traslato effi
cace per connotare la «ventosità», la vuotaggine, la vanità di certe pre
sunzioni e di certi vanti. Per quanto minima, questa variante, rispetto al
più astratto «boria», che ne diventerà il sostituto nell’ed. del ’44, attesta
con la maggiore prossimità etimologica al termine originario una forza