NOTE SULL’EDIZIONE CRITICA DELLA
SCIENZA NUOVA 1730
153
(,
Sn30
,317). L’attacco è particolarmente sarcastico e gode di fortuna du
ratura, in quanto, dopo che l’amico di Vico Paolo Mattia Doria, per cen
surare una filosofia ritenuta fantastica e senza fondamento, aveva rite
nuto che Cartesio avesse ridotto «la Fisica a un Romanso tutto fondato
sopra le sue Ipotesi» (
Manoscritti napoletani,
a cura di M. Marangio, II,
Galatina, 1979, p. 163), l ’accusa diventerà topica, fatta propria tra gli al
tri da Voltaire e da Paolo Frisi.
In
Sn44
Vico non sarà più così caustico; pur continuando ad aprire
fronti di combattimento contro tutti, delegherà il senso complessivo del
suo distacco dalla tradizione a ll’impresa araldica, assente in
Sn30,
posta
nel frontespizio dell’ultima edizione. Qui l’immagine di una donna ala
ta che si specchia in se stessa in una situazione in cui costei «ignota late
bat», ossia che, ancora «sconosciuta, restava celata», suggerisce fin dal
l ’ingresso che il libro che va a incominciare è davvero «nuovo» e origi
nale, e compie un’azione di svelamento, portando finalmente a ricono
scere ciò che, per l’ignoranza del metodo più confacente e della giusta
prospettiva, era rimasto fino allora nascosto. In
Sn30
invece, a conferma
dell’intento esplicativo, Vico non si cela dietro messaggi criptici e allusi
vi, preferendo un metadiscorso chiarificatore. Lo si vede bene negli
«av
visi»
che, scanditi in una serie numerata, a mo’ di decalogo, pretendono
che la
Scienza nuova
ragioni «con uno stretto
m etodo geom etrico,
con cui
da
v ero
passa ad immediato
vero,
e così vi fa le sue conchiusioni». Suc
cessivamente anche queste indicazioni di metodo, che sono poi al tem
po stesso raccomandazioni intorno al modo di leggere l ’opera, cadran
no, forse perché anche Vico si sarà reso conto di ciò che Condillac nel
suo
Essai sur l ’o rigin e d es connaissances humaines
( 1746) credette di con
statare in Cartesio, Malebranche e Arnauld, rispetto ai quali «on dirait
que [ ...] se sont imaginés que pour démontrer géométriquement, ce soit
assez de mettre dans un certain ordre les différents parties d ’un raison-
nement, sous les titres
d ’axiomes,,
de
défin itions,
de
demandes,
etc.».
D’altra parte, se viene meno il vanto del procedimento geometrico,
non s’interrompe mai lo sforzo vichiano di sintetizzare nello spazio com
presso di una massima il suo pensiero. E anche di questo travaglio spe
culativo si può avere contezza esclusivamente attraverso la diacronia ri
costruita da Cristofolini, con cui ci si avvede che solo in CMA2 prendo
no forma alcune delle degnità più significative, come la I, che da «Q ue
sta è
proprietà della m en te umana,
ch’ove gli huomini delle cose
lontane,
e
scon osciu te
non possano fare
niuna idea,
le stimano dalle cose loro
co
nosciute, p resen ti» {Sn30,
134), si converte in
«Xhuomo
per
l ’indiffinita
natura della m en te umana,
ove questa sia dentro
X ignoranza,
egli
si fa sè
regola d e ll’Universo»
(CMA2,
ad
p. 134). Già Fubini aveva indugiato sul