NOTE SULL'EDIZIONE CRITICA DELLA
SCIENZA NUOVA 1730
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vece il caso che la varietà dei corpi tipografici sia nella
Scienza nuova
un
mezzo capace di teatralizzare visivamente la scrittura.
E molto probabile che Vico abbia condiviso l’asserto di Emanuele Te-
sauro, per il quale «lo scrivere è un seminar parole sopra la pagina». Rap­
presentare i concetti con la tecnica lapidaria equivale a «troncarli e an­
nodarli come gli agricoltori le viti» (E.
TESAURO,
II cannocch iale aristo­
telico
, in Torino, per Bartolomeo Zavatta, 16705 [rist. anastatica a cura
di Giovanni Menardi, Savigliano (Cuneo), Editrice artistica piemontese,
2000], pp. 595-596). Nell’emulare la pittura, la scrittura, costretta alla
sequenza lineare, ricerca la varietà con l’adozione di caratteri diversi. Nel
Cannocchiale aristotelico
Tesauro esibisce «tavole metriche» con le qua­
li «non più le orecchie, ma gli occhi medesimi diverran giudici compe­
tenti dell’armonia»
{ibid..,
p. 134).
Neppure a Vico, lettore del
De ortu et progressu artis typographicae
di
Bernhardt von Mallinckrodt (CMA4
adSnìO
, p. 393
eSn44
, § 428), sfug­
ge l’importanza dell’ausilio della stampa per il metodo moderno degli
studi. Ne discorre per l’appunto in un paragrafo apposito del
De studio-
rum ration e
, dove per altro si mette in guardia contro lo scadimento del
contenuto di pubblicazioni troppo facilmente riproducibili per via mec­
canica e contro il lusso eccessivo di edizioni di infimo valore speculativo.
E all’indomani della prima edizione della
Scienza nuova
questa stessa ri­
serva confidata al padre de Vitry sottintende forse il rammarico di non
avere potuto dotare la sua opera di una veste tipografica conveniente.
Esperto in materia libraria per avere frequentato da sempre la bottega
paterna, Vico sa bene che non era quella la stampa che avrebbe voluto.
Nella lettera di accompagnamento al cardinale Corsini egli imputa alle
«anguste fortune» l ’impossibilità di allestire un volume pubblicato «in
forma grande, e magnifica, particolarmente nello splendore delle stam­
pe di questo secolo» (G. VICO, Lettera a Lorenzo Corsini del 20 novem­
bre 1725, in
Epistole,
a cura di M. Sanna, Napoli, 1993, p. 118). Su ciò
avrebbe poi fatto leva Antonio Conti nel sollecitarlo a una ristampa ve­
neziana che provvedesse a imprimere la
Scienza nuova
«con carattere più
commodo ed in forma più acconcia»
(I
d
.,
Vita,
cit., pp. 70-72).
Destinato a essere sempre più di frequente un’opera di consultazio­
ne (a maggior ragione la
Scienza nuova,
che è una specie di enciclopedia
della civiltà delle origini), il libro deve presentarsi all’occhio in modo
stratificato, secondo inquadrature variate che mettano in diverso risalto
le parole. Il passaggio da un corpo tipografico all’altro favorisce una ri­
cezione discontinua, ed è come se il diverso aspetto fisico della parola
volesse avvertire del rapido mutamento delle lenti mentali con cui ven­
gono messi a fuoco i concetti. Finora invece tondi, corsivi, maiuscoletti,
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