NOTE SULL’EDIZIONE CRITICA DELLA
SCIENZA NUOVA 17)0
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grafici e storico-critici ma anche godere della possibilità di un accesso
diretto al testo.
Ma torniamo al significato fondamentale che l’edizione del 1730 as­
sume nel percorso di ricerca vichiano. Anche Tullio Gregory - nella bel­
la e attenta recensione all’edizione critica apparsa nel «Sole 2 4 0 re » -
muove da quella curiosa situazione di precarietà nella quale per lungo
tempo è stata costretta l’edizione del 1730, quella cioè di un testo consi­
derato transitorio in vista della definitiva stesura. Proprio l’intento di sov­
vertire questa errata prospettiva ha costituito uno dei cavalli di battaglia,
per così dire, del corso nuovo degli studi vichiani. Il diverso approccio
veniva annunciato, già nel 1969, quando su iniziativa di Piovani, si avviò
il dibattito sulla edizione nazionale delle opere di Vico. Fu Piovani, in­
fatti, a parlare di una azione di ricognizione testuale che avesse di mira la
«conoscenza particolareggiata delle stratificazioni sovrappostesi», l’indi­
viduazione di tutte le varianti, insomma, la «storia testuale della
Scienza
nuova
dalla
Scienza Nuova Prima
alle ultime
Correzioni, Aggiunte, Mi­
glioramenti:
la storia delle
Scienze nuove».
Fanno bene perciò coloro che
oggi vogliono discutere e scrivere di queste nuove edizioni critiche (fac­
cio ancora riferimento all’autorevole parere di Gregory) a ricordare co­
me il «nuovo corso» degli studi vichiani abbia avuto, oltre che sul piano
delle riflessioni filosofiche, proprio sul terreno storico-filologico una si­
gnificativa torsione. Proprio dopo il dibattito aperto da Piovani e dal
«Bollettino del Centro di studi vichiani» tra il 1971 e il 1973 (importan­
ti, tra gli altri, proprio per l’edizione 1730, gli interventi di Alberto Var-
varo), si è inaugurata una stagione feconda di studi tradottasi innanzitut­
to nei volumi dell’edizione critica. Con la
Scienza nuova
del 1730 e con la
sua complicata e travagliata storia siamo forse dinanzi ad uno degli esem­
pi più evidenti e concretamente visibili di come possa funzionare una
mente filosofica in continuo dinamico movimento che è innanzitutto ri­
volto alla scrittura. È questo movimento, come ha opportunamente rile­
vato Cristofolini, che si è inteso restituire al lettore di Vico: «a ll’attento
storico delle idee e della lingua come all’ansioso degli esiti teorici».
D’altronde, il «nuovo corso» degli studi vichiani, pur incentrandosi
sulla esigenza di una più rigorosa metodologia ecdotica, non può essere
ridotto soltanto ad una operazione di pur giusto e necessario restauro fi­
lologico. Restano ancora aperti problemi di natura storico-interpretativa
che prendono avvio proprio dalla questione se ritenere definitiva la si­
stemazione che alla sua opera Vico ha ritenuto di dare con le correzioni
e le aggiunte all’edizione del 1730, se ritenere questa come la vera e pro­
pria soluzione di continuità rispetto al Vico degli anni ’10-’20, oppure
sporgersi ancora fino all’edizione del 1744, dove ad esempio il filosofo
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