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PAOLO CRISTOFOLINI
tura in tutti i concorsi a cattedre; e condivide con Spinoza l ’orgoglio -
diciamo pure la civetteria - dell’uomo libero che non deve niente a nes
suno e non è vincolato, per dirla in linguaggio settecentesco appropria
to alla presente circostanza, ad alcuna scuola o setta. Ora, il valore di
questa libertà non attiene solo alla vita individuale e ai comportamenti
soggettivi, sui quali non è il caso qui di soffermarsi, ma fa parte integrante
della ricerca e dello studio.
Mi sia qui permessa una parola a ricordo dello studioso che, qua
ran tann i fa, mi ha più di ogni altro stimolato in direzione degli studi vi
chiani, Nicola Badaloni, Marco per gli amici; da lui ho ricevuto un’af
fettuosa telefonata, nelle sue ultime settimane di vita, in cui si compia
ceva con toni commossi per il volume appena ricevuto di questa edizio
ne. A lui sono riconoscente, più di quanto non gli abbia mai espresso di
persona, per due cose soprattutto: in primo luogo per l’inestimabile ric
chezza di insegnamenti che mi ha dato nei miei anni di apprendistato do
po la laurea, e in secondo ma non ultimo luogo per un rapporto di dia
logo schietto, nel quale l ’autonomia intellettuale, e dunque anche i mo
menti di dissenso da parte di quello che era fra i due il più giovane e me
no maturo, sono stati sempre e assolutamente fuori discussione. Molto
spero di avere imparato da Badaloni, ed è da vero maestro anche il fat
to che non mi abbia mai sollecitato a farmi suo epigono: non lo sono mai
stato, e del rapporto vitale, del dialogo vero avuto con lui in tanti mo
menti e circostanze, gli rimango eternamente grato.
Torno al nostro tema centrale. Io credo in questo lavoro come prati
ca di libertà. Può non apparire scontato, ma lavorare su un’opera filo
sofica della nostra grande tradizione mirando alla rigorosa ricostruzione
del testo e del suo processo evolutivo, è cosa che rientra in un ordine sen
za il quale non sarebbe neppure pensabile: l’ordine della libertà di pen
siero, che la nostra civiltà europea e occidentale può e deve rivendicare
a buon diritto come proprio titolo d ’orgoglio.
La cosa, ripeto, non appare scontata. E più facile e corrente, nel mon
do degli studi filosofici, pensare la libertà di pensiero nella forma della
autonoma speculazione sui temi universali, svincolata dall’aggancio a te
sti e percorsi intellettuali del passato. Tante volte il punto di vista della
teoresi «pu ra» si coniuga con una considerazione riduttiva del lavoro del
lo storico della filosofia e del materiale cui questo si applica, quasi che
quel materiale non potesse servire se non, al massimo, come corredo
esemplificatorio, e lo storico che vi si applica fosse in qualche modo as
servito, imbrigliato nel passato, non libero nel volo della mente. Non si
vuol certo qui negare il valore della filosofia «pu ra», quando sia davve
ro elaborazione originale e apertura di nuovi orizzonti; ma stiamo attenti