NOTE SULL'EDIZIONE CRITICA
DELLA SCIENZA NUOVA 17)0
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a quello che per lo più accade, quando il filosofare cosiddetto puro si ri­
duce a ripetizione di stilemi e percorsi di
maitres à p en ser
del presente o
del passato prossimo.
Di contro, se di libertà di pensiero vogliamo e sappiamo storicamen­
te parlare, la sua genesi ne fa parte integrante; e nella modernità euro­
pea parlare di genesi della libertà di pensiero significa risalire all’uma­
nesimo, alla frattura rispetto all’autorità del dogma costruita sull’auto­
rità del potere, e al libero esame dei testi sacri. Vico, che dall’umanesi­
mo discende, riconosce un solo genere di autorità, quella degli autori, e
da qui viene il nesso forte tra la filologia e la filosofia.
Ora per stare a noi, se è giusto non dare ascolto alle tiritere dei filo-
logastri, per i quali i filosofi sarebbero soltanto gente che fa dei discorsi
campati in aria, pari distacco merita l’opposto primitivismo dei filosofi
«pu ri», per i quali la filologia non sarebbe che arida tecnica, pavida ed
arroccata su se stessa, estranea al sacro fuoco del pensiero. La vera filo­
logia è coraggio della scoperta, piccola o grande che sia, di parole e pen­
sieri e catene di parole e di pensieri, non necessitati né preordinati dalla
precognizione che ci è stata trasmessa. E esplorazione libera da pregiu­
dizi, dunque, per dirla con parola antica, è ricerca della verità.
In quest’epoca di barbarie ritornata, nella quale l’autorità dei poten­
ti pretende imporre il suo dogma, che i valori di libertà s’impongono con
la forza e vanno portati nel mondo secondo la logica e la legge del più
forte, c’è forse spazio anche per l’umile ma consapevole contributo di
chi pratica la scienza e lo studio. Un contributo che consista nel tenere
in vita e in auge il nesso erasmiano tra il libero esame della parola e la ri­
cerca della pace; e non perda di vista il nesso indicato da Spinoza nella
conclusione del
Trattato teologico-p olitico,
tra la ricerca della verità e la
com itas
e la
mansuetudo,
contro la pretesa che dalle libere opinioni, e
non dalla prepotenza delle autorità censorie, nascano le scissioni e le di­
scordie fra gli uomini.
Se un compito civile tocca allo storico e al cultore di storia del pen­
siero, è proprio in questa anamnesi del nostro essere sociale e delle no­
stre relazioni intellettuali; e se così si configura, dentro tale anamnesi, il
ruolo storico della filologia, abbiamo buoni motivi per perseverare in
questa alleanza del pensiero filosofico con lo scavo nei testi. Ora, il cu­
ratore di un volume dell’edizione critica di Vico non si permetterà la pre­
sunzione di sopravvalutare la portata di questo impegno e di questa im­
presa. Ma se di una «pratica di questa scienza» ha senso parlare, inscri­
viamola tranquillamente in questa cornice: è una pratica di libertà.
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a o l o
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