RF.CENSIONI
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correzioni testuali, espunzioni e aggiunte ai margini, e sebbene sia possibile, in
base all’analisi interna dei vari gruppi di annotazioni, stabilire la sequenza cro
nologica delle copie annotate, tuttavia le differenze che intercorrono fra alcuni
gruppi di annotazioni impediscono di assumere una copia annotata piuttosto
che un’altra come la versione definitiva dell’edizione del 1730. Ciò che è altret
tanto chiaro, peraltro, è che, a causa del numero e dell’importanza degli inter
venti, espunzioni e aggiunte che Vico appose di suo pugno a queste copie del
la versione pubblicata della
Scienza nuova
del 1730, quest’ultima non può esse
re considerata definitiva nella forma in cui appare e per il semplice fatto di es
sere stampata. E impossibile prevedere quale opinione condivisa emergerà, se
ne emergerà una, dall’analisi competente di queste edizioni anastatiche delle di
verse copie annotate offerte al pubblico.
Nondimeno, malgrado il fatto che nessuna copia esistente possa essere con
siderata definitiva, la pubblicazione di queste anastatiche adempierà a due fun
zioni. In primo luogo, consentirà agli studiosi di leggere più dettagliatamente
alcuni dei materiali di cui i curatori dell’edizione critica hanno dovuto tener con
to e quindi, in accordo con lo spirito di obiettività che costituisce un principio
guida dell’edizione critica, di non condurre le proprie ricerche interamente sul
la base di tale edizione che, per quanto ben fatta, deve inevitabilmente riflette
re difficili scelte editoriali. In secondo luogo, permetterà di svolgere ricerche
dettagliate sullo sviluppo cronologico delle diverse caratteristiche della scrittu
ra e del pensiero di Vico, sia per il periodo che va dal 1730 al 1734, sia per tut
to l’intero arco temporale in cui Vico andò meditando la sua idea di una ‘Scien
za nuova’.
Per dare un’idea di quanto può essere realizzato per ciò che riguarda la fa
se più breve, non posso far di meglio che raccomandare al lettore l’eccellente
articolo di Daniela Rotoli,
Cinque esemplari postillati della
Scienza nuova [in
questo «Bollettino» XXIV-XXV (1994-1995), pp. 11-47], per quanto limitato
ad alcuni caratteri puramente linguistici della produzione vichiana dell’epoca.
Sulla base di un’analisi comparativa ristretta unicamente alla sezione riguar
dante le
Degnità,
come essa compare in cinque copie annotate dell’opera del
1730, Rotoli è in grado di ricostruire e spiegare diversi aspetti del modo in cui
Vico voleva che la sua opera fosse presentata in stampa, fra cui le abbreviazio
ni che usava, l’amplissima gamma di generi di caratteri a stampa che voleva in
serire, le variazioni nell’uso della numerazione araba e romana e la crescente in
clinazione per i termini e le ortografie relativamente antiquate tratte dal
Voca
bolario della crusca
o dal dialetto napoletano. Su quest’ultimo punto, Rotoli con
ferma la tesi avanzata per primo da Mario Fubini in
Stile e umanità in Giam
battista Vico
(Bari, 1946; II ediz. Milano-Napoli, 1965), secondo cui Vico era in
cerca di una forma di presentazione letteraria che gli sembrasse riecheggiare il
senso del periodo sul quale stava scrivendo. Nel suo articolo Rotoli non pren
de in considerazione né l’edizione del 1725 né quella del 1744, ma lo spazio per
ulteriori ricerche di questa natura sull’intera gamma dei materiali riguardanti la
continua riflessione di Vico sulla
Scienza nuova
è chiaramente immenso. A prò-