RECENSIONI
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questa edizione e nella ristampa anastatica della
Scienza nuova
del 1744 edita da
Marco Veneziani (Firenze, 1994). Ciò che è da notare, qui, è che perfino in que­
stioni come le preferenze nei caratteri tipografici, le correzioni manoscritte di
parole e le riformulazioni relativamente secondarie di frasi, il testo della secon­
da segue molto da vicino quello che risulta dalla presente edizione anastatica.
Lo stesso accade per i rispettivi libri dedicati alla
Discoverta del vero Omero.
Ma
sarebbe sbagliato assumere questa come una dimostrazione conclusiva dell’o­
pinione di Nicolini, dal momento che potrebbe altrettanto facilmente essere
considerata come una prova del latto che Vico fosse persuaso di aver comple­
tato in maniera soddisfacente nel periodo 1730-1734 almeno alcune delle ri­
cerche che incorporò nell’edizione del 1744.
D’altro canto, però, le principali differenze nella struttura e nella formula­
zione delle due versioni del libro quinto rendono non plausibile considerarlo nel­
la redazione del 1730 - sia pure con le modifiche apposte in questo testimone
più tardo - come la base del libro corrispondente dell’edizione del 1744. Ciò non
è valido, comunque, per le rispettive sezioni intitolate
Conchiusionedell’opera.
È
evidente, pertanto, che le somiglianze e le differenze fra le diverse parti delle due
opere sono molto più complesse di quanto Nicolini immaginasse. Quanto del­
l’edizione del 1744 derivi dal lavoro intrapreso o completato nel periodo prece­
dente è una questione che potrà essere risolta solo dopo l’analisi, che ora per la
prima volta è possibile intraprendere, del rapporto fra i diversi aspetti dei lavo­
ri prodotti nei due periodi, ognuno considerato come un’opera autonoma.
Ciò solleva una domanda interessante: quella di come Vico continuasse ad
avere accesso alle tante annotazioni contenute in questa e in altre copie dell’e­
dizione del 1730. Nel caso di quelle che egli donò a Galiani e a Concina, ri­
spettivamente nel 1731 e nel 1733, sembrerebbe possibile che allorché prepa­
rava il manoscritto dell’edizione del 1744 egli avesse ancora accesso a quella do­
nata a Galiani, ma non a quella donata a Concina. L’unica possibilità che egli
avrebbe avuto di disporre più tardi di tutte le serie di annotazioni sarebbe sta­
ta quella di incorporarle progressivamente in qualche altra copia, come questa,
da conservare. Ma ciò è improbabile, se si considerano le differenze esistenti fra
le stesse serie di annotazioni, ad esempio i diversi errori che Vico fece nella nu­
merazione degli
Elementi
che propose in due copie distinte. In alternativa, ma
poco verosimilmente, egli potrebbe aver tenuto una sorta di registro delle an­
notazioni. Solo ulteriori ricerche sulla storia e sul contenuto delle copie stesse
potrà gettare luce su questa questione.
L’importanza di possedere un testimone così tardo della
Scienza nuova
del
1730 non è tuttavia limitata ai suoi rapporti con l’edizione del 1744, ma si esten­
de pure a quelli con l’edizione del 1725. Come è noto, Vico espresse l’auspicio
che una nuova edizione a stampa dell’edizione del 1725 potesse accompagnare
la progettata stampa rivista dell’opera del 1730, sebbene ciò fosse in gran par­
te in virtù dei tre capitoli dei quali si era dichiarato pienamente soddisfatto. Ciò,
in aggiunta alla struttura completamente differente delle due opere, potrebbe
suggerisce che egli vedesse uno scarso collegamento fra di esse. Colpisce, tutta-
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