RECENSIONI
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soggetto, della ragione, delle norme, della pur complessa e multiversa tradizio
ne giusnaturalistica. Infatti l’universale, l’‘eterno’ in Vico, riguardava da un la
to la struttura ontologica di una dinamica natura umana, la struttura della men
te umana, dall’altro l’ordine necessario, congruo a quella struttura, della serie
di sequenze dello svolgimento delle cose umane nella storia comune di tutte le
nazioni» (pp. 40-41). Siamo, così, di nuovo riportati al punto saliente del libro,
al suo coerente e articolato filo conduttore, il nesso tra ordine della storia e fe
nomenologie della storicità, la cui costante ricerca da parte di Vico si configu
ra, innanzitutto, come critica di ogni visione della datità storico-empirica come
mera molteplicità di eventi coglibili al di fuori di ogni unità sistematica e di ogni
ordine razionale e come fondazione filosofica di una «storia ideale eterna» che
è condizione di possibilità, al tempo stesso, della realtà storica e della sua co
noscenza. Ma ciònon toglie, sottolinea opportunamente l’A., che permanga sen
za contraddizione alcuna l’altro fondamentale pilastro della scienza nuova vi
chiana: il riconoscimento e la ricostruzione storico-filologica, accertatrice, del
le singole individualità.
Il secondo percorso affrontato nel libro - in coerenza al ricercato nesso tra
storia e conoscenza storica - riguarda alcuni significativi momenti della costru
zione vichiana della scienza dell’uomo, come mostra in modo particolare il ca
pitolo su
La ‘critica di severa ragione’ nella scienza della storia. Vico e l’erme
neutica dei tempifavolosiattorno alprimo '700
(pp. 57-108, ma è da vedere a tal
proposito anche il capitolo su
Vico e Bayle).
Ora, a prescindere dalla questione
(discussa e analizzata con il consueto equilibrio critico e con l’ausilio di ampie
conoscenze) dell’appartenenza di Vico al filone dell’ermeneutica filosofica, ciò
che qui maggiormente caratterizza l’apporto originale della rilettura di Nuzzo
è l’accentuazione del momento, per così dire, epistemico e razionale della ri
cerca vichiana. Si tratta, in effetti, di rimettere giustamente in gioco, accanto al
l’aspetto poetico e narrativo della riflessione di Vico, anche quei momenti, non
del tutto esorcizzabili, che si richiamano al razionalismo di derivazione carte
siana. La tesi di Nuzzo appare di estremo interesse, giacché, a partire dall’at
tenta esegesi dei luoghi vichiani ove si fa riferimento alle strutture complesse e
alte della mente umana, si tenta di comporre, in un non immotivato piano di
mediazione, una possibile relazione tra un anticartesianesimo come critica agli
eccessi dell’astrazione razionale e come privilegiamento della dimensione etico
pratica e civile e una adesione al razionalismo tardo seicentesco in ragione pro
prio della necessaria fondazione di una epistemologia della storia (e natural
mente non mancano informati e appropriati riferimenti al dibattito sulla ‘scien
za’ della storia innestatosi tra fine ’600 e inizi del ’700, da Bayle a Le Clerc, da
Fontenelle a Mandeville, da Wolff a Meier). Insomma si tratta di una tesi, per
così dire, controcorrente rispetto ad una sottolineatura, diventata talvolta ec
cessiva ed unilaterale, del sapere fantastico-poetico. Quello di Vico è un vero e
proprio «lavorio epistemico attraverso il quale veniva tentata una inedita co
niugazione di conoscenze di carattere ‘topico’ e ‘critico’: ma - elemento cen
trale dell’interpretazione proposta - con funzioni decisive in ultimo assegnate