190
RECENSIONI
ai ‘poteri della mente pura’, in direzione della configurazione di una vera e pro­
pria ‘critica dell’intendimento’» (p. 58). Su un unico punto - di discussione pro­
blematica piuttosto che di dissenso - avanzerei qualche riserva che riguarda il
radicale convincimento manifestato da Nuzzo della discontinuità tra il
Liberme-
taphysicus
e la
Scienza nuova
, una discontinuità che sarebbe segnalata già nel
passaggio dal
verum-factum
del
De antiquissima
alla contrazione del
verum
nel
factum
del
De constantia
e definitivamente confermata dal ridimensionamento
del principio del
verum-factum
nella fase matura della riflessione vichiana. Si
tratta, ovviamente, di una discussione del tutto aperta che qui può essere solo
sfiorata e che riguarda, nella mia prospettiva, la permanenza, fin nelle nuove
prospettive e nei nuovi metodi indicati nella
Scienza nuova
, di una dialettica tra
princìpi e storicità, tra prove filosofiche e filologiche, che resta ancorata alla sco­
perta gnoseologica, filosofica e pratico-civile della convertibilità tra metafisica
della mente e storia.
Il terzo momento della ricerca di Nuzzo è affidato al saggio
Inumanità di Vi­
co tra le selve e la città. Agli inizi della storia della civiltà nel ‘Diritto universale’
(pp. 109-164). Si tratta di un saggio molto denso, forse fin troppo, nel quale
Nuzzo offre una molteplicità di spunti e di tracce di ricerca, ognuna delle qua­
li potrebbe costituire l’indice di un futuro volume (e che talvolta egli è costret­
to a sacrificare in fittissime note, come, per fare un solo esempio, quelle sulla
storia sacra e profana). Il punto nevralgico del discorso consiste non solo e non
tanto nella interessante e dottissima ricognizione dei contenuti metaforici e sim­
bolici della semantica vichiana dei luoghi attraverso cui passa il processo di ci­
vilizzazione (dalle selve ai campi, dalle città alle nazioni, e dunque il rapporto
di Vico con le selve di Vatolla e con la sua città, Napoli, ma anche con le di­
mensioni sociali ed economiche dell’attività produttiva dei campi o di quella
commerciale delle realtà urbane), quanto piuttosto nella ipotesi interpretativa,
che peraltro condivido a pieno, di considerare la riflessione vichiana tra le pri­
me manifestazioni della «storia della civiltà», intesa sia come genere di scrittu­
ra, sia come modello filosofico e concettuale. Il dato maggiormente interessan­
te di questa ipotesi è ravvisabile, a mio avviso, nello stretto nesso che Nuzzo isti­
tuisce tra l’indagine vichiana sull’origine del mondo storico e la narrazione del­
le tappe attraverso le quali questo originario mondo primitivo ed eroico si tra­
sforma - grazie a quella particolare etica del lavoro che, secondo Piovani, ca­
ratterizza la progressiva conquista della civiltà esposta da Vico nella
Scienza nuo­
va -
in mondo civile.
L’ultimo capitolo (dedicato, come si è detto, agli studi vichiani di Piovani)
ci riconduce nei pressi della questione centrale affrontata nel volume e cioè al
senso non riduttivamente univoco e ‘scolastico’ dello storicismo di Vico. Anche
a tal proposito il discorso, a livello di una recensione, si può soltanto aprire. An­
che perché non si tratta tanto, come osserva Tessitore nelle pagine di presenta­
zione al volume, di misurare il livello di adesione a proposte storiografiche o a
modelli teoretici, quanto piuttosto di individuare, come è giusto che sia, quei
percorsi - e sono in verità tanti - che testimoniano non tanto di una fedeltà di
1...,180,181,182,183,184,185,186,187,188,189 191,192,193,194,195,196,197,198,199,200,...305