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RECENSIONI
ai ‘poteri della mente pura’, in direzione della configurazione di una vera e pro
pria ‘critica dell’intendimento’» (p. 58). Su un unico punto - di discussione pro
blematica piuttosto che di dissenso - avanzerei qualche riserva che riguarda il
radicale convincimento manifestato da Nuzzo della discontinuità tra il
Liberme-
taphysicus
e la
Scienza nuova
, una discontinuità che sarebbe segnalata già nel
passaggio dal
verum-factum
del
De antiquissima
alla contrazione del
verum
nel
factum
del
De constantia
e definitivamente confermata dal ridimensionamento
del principio del
verum-factum
nella fase matura della riflessione vichiana. Si
tratta, ovviamente, di una discussione del tutto aperta che qui può essere solo
sfiorata e che riguarda, nella mia prospettiva, la permanenza, fin nelle nuove
prospettive e nei nuovi metodi indicati nella
Scienza nuova
, di una dialettica tra
princìpi e storicità, tra prove filosofiche e filologiche, che resta ancorata alla sco
perta gnoseologica, filosofica e pratico-civile della convertibilità tra metafisica
della mente e storia.
Il terzo momento della ricerca di Nuzzo è affidato al saggio
Inumanità di Vi
co tra le selve e la città. Agli inizi della storia della civiltà nel ‘Diritto universale’
(pp. 109-164). Si tratta di un saggio molto denso, forse fin troppo, nel quale
Nuzzo offre una molteplicità di spunti e di tracce di ricerca, ognuna delle qua
li potrebbe costituire l’indice di un futuro volume (e che talvolta egli è costret
to a sacrificare in fittissime note, come, per fare un solo esempio, quelle sulla
storia sacra e profana). Il punto nevralgico del discorso consiste non solo e non
tanto nella interessante e dottissima ricognizione dei contenuti metaforici e sim
bolici della semantica vichiana dei luoghi attraverso cui passa il processo di ci
vilizzazione (dalle selve ai campi, dalle città alle nazioni, e dunque il rapporto
di Vico con le selve di Vatolla e con la sua città, Napoli, ma anche con le di
mensioni sociali ed economiche dell’attività produttiva dei campi o di quella
commerciale delle realtà urbane), quanto piuttosto nella ipotesi interpretativa,
che peraltro condivido a pieno, di considerare la riflessione vichiana tra le pri
me manifestazioni della «storia della civiltà», intesa sia come genere di scrittu
ra, sia come modello filosofico e concettuale. Il dato maggiormente interessan
te di questa ipotesi è ravvisabile, a mio avviso, nello stretto nesso che Nuzzo isti
tuisce tra l’indagine vichiana sull’origine del mondo storico e la narrazione del
le tappe attraverso le quali questo originario mondo primitivo ed eroico si tra
sforma - grazie a quella particolare etica del lavoro che, secondo Piovani, ca
ratterizza la progressiva conquista della civiltà esposta da Vico nella
Scienza nuo
va -
in mondo civile.
L’ultimo capitolo (dedicato, come si è detto, agli studi vichiani di Piovani)
ci riconduce nei pressi della questione centrale affrontata nel volume e cioè al
senso non riduttivamente univoco e ‘scolastico’ dello storicismo di Vico. Anche
a tal proposito il discorso, a livello di una recensione, si può soltanto aprire. An
che perché non si tratta tanto, come osserva Tessitore nelle pagine di presenta
zione al volume, di misurare il livello di adesione a proposte storiografiche o a
modelli teoretici, quanto piuttosto di individuare, come è giusto che sia, quei
percorsi - e sono in verità tanti - che testimoniano non tanto di una fedeltà di