192
RECENSIONI
lità anche eterogenea dei testi letti con acceso senso agonistico» (p. 128). Una
querelle
, insomma, che diventa una «metamorfosi di ciò che viene letto» e che
inserisceViconell’ambito di una dimensione combattiva e pugnace, secondo Bat­
tistini fortemente legata ai
topoi
autobiografici e più che conosciuti dell’isola­
mento intellettuale e dell’originalità. Un Vico che inaugura spunti polemici con
tutti, orgoglioso e aggressivo, che si muove in un’«orizzonte eruropeo» che è, se­
condo la ricostruzione di Battistini, un orizzonte ampio e allargato, esteso anche
alla produzione di carteggi e di riviste, e «anche se mancano studi specifici, non
è difficile credere che molti degli autori stranieri citati nelle sue opere siano sta­
ti conosciuti attraverso la consultazione dei maggiori giornali letterari e filosofi­
ci del tempo presenti a Napoli, dai ‘Mémoires de Trévoux’ al ‘Journal des S^a-
vans’» (p. 38). Attraverso questi circuiti Vico cercava lo sbocco verso l’Europa,
cosa peraltro particolarmente evidente nell’attività pubblicitaria promossa a fa­
vore della
Scienza nuova
del 1725: «da questa Europa tanto civile Vico aveva at­
tinto molto del suo sapere, a questa Europa aveva inteso indirizzare la sua ope­
ra» (p. 39). E Battistini ricorda, forte di studi dedicati negli anni passati a questi
temi, come l’edizione veneziana della sua opera da stampare tra il 1728 e il 1729
aveva come obiettivo proprio e anche il tentativo di emergere sulla scena euro­
pea. E questa una maniera arguta di inserire Vico nella «cultura retorica» del suo
tempo senza aprire diatribe sulla sua più o meno presunta ‘contemporaneità’ e
sulle sue più o meno scarse possibilità di lettura.
Un
exemplum
vivace e singolare di questo percorso è sicuramente offerto da
uno dei capitoli centrali, dedicato a
Vives e lepassioni
(pp. 63-100), al nesso eti­
ca-retorica messo a punto da due autori accomunati prima di tutto dalla forte
componente umanistica, ma anche dal privilegio del linguaggio filosofico ri­
spetto a quello letterario. La riflessione sul tema delle passioni inserita nell’am­
bito retorico - «avendo per obiettivo il
movere,
che esercitava l’arte della per­
suasione doveva conoscere i moti irrequieti dell’anima» (p. 63) - ascrive allo
spazio retorico anche il codice delle emozioni e ne indaga la sussistenza. L’inti­
ma unione proposta da Vico tra ingegno, fantasia e memoria (
Sn44,
pp. 827-828
ed. Battistini), memore della schermaglia imbastita contro un Cartesio che tie­
ne in poco conto il processo dell’immaginario, s’incontra con le proposte di Vi­
ves così come s’incontrerebbe con il lascito intero dell’Umanesimo. Il grande
tema dell’ingegno, di recente così tanto studiato e celebrato nelle opere vichia-
ne, scopre nel confronto tra Vico e Vives temi comuni a gran parte della retori­
ca umanistica, ma soprattutto rafforza il convincimento che «essi condivisero
sia lo studio ravvicinato del
De civitate Dei
di Agostino, sia il distacco da que­
sto loro venerato ‘auttore’ perché, nonostante la fede, si sentivano entrambi at­
tratti più dalla religione naturale che da quella rivelata e istituzionale» (p. 100).
Il rapporto con la drammaticità del
pathos
, il contatto tra corpo e sensi, il ruo­
lo del sapiente rispetto agli
affectus,
la chiave conativa delle passioni leggono e
permettono di leggere il processo di autonomia di entrambi i pensatori dalle
opere di sant’Agostino e dalla sua potente ricaduta negativa sull’analisi delle
spinte emotive.
1...,182,183,184,185,186,187,188,189,190,191 193,194,195,196,197,198,199,200,201,202,...305