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RECENSIONI
lità anche eterogenea dei testi letti con acceso senso agonistico» (p. 128). Una
querelle
, insomma, che diventa una «metamorfosi di ciò che viene letto» e che
inserisceViconell’ambito di una dimensione combattiva e pugnace, secondo Bat
tistini fortemente legata ai
topoi
autobiografici e più che conosciuti dell’isola
mento intellettuale e dell’originalità. Un Vico che inaugura spunti polemici con
tutti, orgoglioso e aggressivo, che si muove in un’«orizzonte eruropeo» che è, se
condo la ricostruzione di Battistini, un orizzonte ampio e allargato, esteso anche
alla produzione di carteggi e di riviste, e «anche se mancano studi specifici, non
è difficile credere che molti degli autori stranieri citati nelle sue opere siano sta
ti conosciuti attraverso la consultazione dei maggiori giornali letterari e filosofi
ci del tempo presenti a Napoli, dai ‘Mémoires de Trévoux’ al ‘Journal des S^a-
vans’» (p. 38). Attraverso questi circuiti Vico cercava lo sbocco verso l’Europa,
cosa peraltro particolarmente evidente nell’attività pubblicitaria promossa a fa
vore della
Scienza nuova
del 1725: «da questa Europa tanto civile Vico aveva at
tinto molto del suo sapere, a questa Europa aveva inteso indirizzare la sua ope
ra» (p. 39). E Battistini ricorda, forte di studi dedicati negli anni passati a questi
temi, come l’edizione veneziana della sua opera da stampare tra il 1728 e il 1729
aveva come obiettivo proprio e anche il tentativo di emergere sulla scena euro
pea. E questa una maniera arguta di inserire Vico nella «cultura retorica» del suo
tempo senza aprire diatribe sulla sua più o meno presunta ‘contemporaneità’ e
sulle sue più o meno scarse possibilità di lettura.
Un
exemplum
vivace e singolare di questo percorso è sicuramente offerto da
uno dei capitoli centrali, dedicato a
Vives e lepassioni
(pp. 63-100), al nesso eti
ca-retorica messo a punto da due autori accomunati prima di tutto dalla forte
componente umanistica, ma anche dal privilegio del linguaggio filosofico ri
spetto a quello letterario. La riflessione sul tema delle passioni inserita nell’am
bito retorico - «avendo per obiettivo il
movere,
che esercitava l’arte della per
suasione doveva conoscere i moti irrequieti dell’anima» (p. 63) - ascrive allo
spazio retorico anche il codice delle emozioni e ne indaga la sussistenza. L’inti
ma unione proposta da Vico tra ingegno, fantasia e memoria (
Sn44,
pp. 827-828
ed. Battistini), memore della schermaglia imbastita contro un Cartesio che tie
ne in poco conto il processo dell’immaginario, s’incontra con le proposte di Vi
ves così come s’incontrerebbe con il lascito intero dell’Umanesimo. Il grande
tema dell’ingegno, di recente così tanto studiato e celebrato nelle opere vichia-
ne, scopre nel confronto tra Vico e Vives temi comuni a gran parte della retori
ca umanistica, ma soprattutto rafforza il convincimento che «essi condivisero
sia lo studio ravvicinato del
De civitate Dei
di Agostino, sia il distacco da que
sto loro venerato ‘auttore’ perché, nonostante la fede, si sentivano entrambi at
tratti più dalla religione naturale che da quella rivelata e istituzionale» (p. 100).
Il rapporto con la drammaticità del
pathos
, il contatto tra corpo e sensi, il ruo
lo del sapiente rispetto agli
affectus,
la chiave conativa delle passioni leggono e
permettono di leggere il processo di autonomia di entrambi i pensatori dalle
opere di sant’Agostino e dalla sua potente ricaduta negativa sull’analisi delle
spinte emotive.