RECENSIONI
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siero arcaico o magico, ma ciò non toglie che Vico, pur pervenendo a interpre
tazioni affatto diverse, abbia preso le mosse dalla retorica e in particolare dal
l’antonomasia vossianica» (p. 186). Vico assume così su di sé il merito di aver
dinamizzato la figura antonomasica, statica per eccellenza, arrivando a un «ri
tratto ideale» quasi più vero della persona fisica alla quale fa riferimento.
L’ultima parte del volume viene invece dedicata a un disegno articolato e vi
vace di alcuni percorsi della fortuna e della ricezione della
Scienza nuova
in am
bito italiano, attraverso ipotetici lettori o vicini compagni di lettura, quali Alfon
so De Liguori, Ildefonso Valdastri e Melchiorre Cesarotti. Il gusto per le bio
grafie, la passione per la storiografia locale, il ritmo del letterato prendono pia
cevolmente piede dando vita a ritratti raffinati e complessi, senza mai cedere al
la pretestuosità di confronti e motivi di avvicinamento. La dinamica delle vite
parallele «di gusto plutarchesco» - come nel caso delle affinità tra Vico e De Li
guori - non si spinge mai oltre la documentazione accertata e la verosimiglian
za moderata, alla ricerca di influenze teoriche più che di ravvicinati incontri. In
fluenze che finiscono per essere testimonianze e prove del fatto che, «se per un
verso non è il miracolo di un’oasi che compare all’improvviso, perché le sue sco
perte innovative sviluppano concetti collaudati da un lungo lavoro della filolo
gia erudita, Vico non può nemmeno essere circondato da un deserto, tanto è ve
ro che per tutto il Settecento sono fioriti altri ingegni nutriti da quelle feconde
idee» (p. 13).
M
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S
anna
A
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,
Da Vicoa Michelet. Saggi 1968-1995,
Pisa,
ETS, 2004, pp. 173.
Un lettore vichiano non può non salutare con entusiasmo la pubblicazione
di un volume come questo, anzi quasi con commozione. Rivedere tutti insieme,
e in un italiano splendido, saggi e presentazioni che hanno caratterizzato unmo
dello interpretativo forte non è un’esperienza da poco. E quel che va anche sot
tolineato è che l’efficacia di certe interpretazioni vichiane - forti, per l’appunto
- non viene, con l’usura del tempo e delle mode culturali, minimamente depo
tenziata: «molte delle sue domande sono daccapo le nostre» (p. 67), commen
ta Pons a proposito di Vico. E questo vale anche per le domande che Pons stes
so formula ai testi vichiani.
La resa peraltro in un italiano elegante e raffinato al pari dell’originale fran
cese, dovuta alle cure di Paola Cattani, rende questo volume un’iniziativa edi
toriale ancora più importante e fruibile anche da un pubblico non specialistico.
Per quali motivi la lettura dell’opera vichiana proposta da Alain Pons è un’in
terpretazione forte? Cercheremo di individuare - pur nell’eterogeneità dei ma
teriali e nelle distanze cronologiche che separano i saggi fra di loro —qualcuno
dei nuclei tematici più suggestivi e intensi di queste pagine, il primo dei quali è
senza dubbio il primato conferito alla dimensione politica della ‘nuova scienza’
vichiana.