RECENSIONI
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scarse novità in campo editoriale sulle traduzioni in lingua francese. Non è un
caso che questa raccolta si chiuda, significativamente, con un saggio sulla rice
zione in Francia del pensiero vichiano seguito dal lavoro su Vico eMichelet. Nel
mezzo, tre splendide riflessioni sul tema della storia nella filosofia di Vico.
Da questi tre saggi centrali prendiamo l’avvio, e lo facciamo citando una bel
la frase vichiana, contenuta nella
Scienza nuova
del 1744, nella sezione
Del me
todo,
laddove si scopre che è dalla paura che «dovette nascere il conato, il qual
è proprio dell’umana volontà, di tener in freno i moti impressi alla mente dal
corpo, per o affatto acquietargli, ch’è dell’uomo sapiente, o almeno dar loro al
tra direzione ad usi migliori, ch’è dell’uomo civile» (
Sn44
, p. 547 ed. Battistini).
Il conato, principio di movimento, individua la pressione che spinge l’uomo a
farsi uomo, a ridefinire la propria natura come natura in divenire. La saggezza
«trasforma i casi fortuiti in capacità di azione», per dirla con il Vico della V
Ora
zione
, e annulla la radicale distanza che intercorre tra essere sapiente ed essere
civile, perché entrambi i casi risentono dell’influsso dell’azione conativa.
Uomo saggio e uomo civile: tutta la ricerca di Pons si colloca all’interno di
questa possibilità specificamente umana di esercitare libertà e libera volontà sul
le cose e sulle azioni. Il ruolo che gioca la libertà all’interno del territorio più
specificamente politico costituisce il secondo tema forte di questa lettura: let
tura di solida importanza nella quale viene stabilito un nesso fondante tra sto
ria e politica, nel senso che la storicità vichiana può manifestarsi solo attraver
so l’emersione di categorie politiche inequivocabili. Questo il senso deU’utiliz-
zo di Platone, e soprattutto dell’universalità dell’idea, che è quel che contrad
distingue il sociale contro il privato.
Il ricorrere costante alla categoria vichiana della ‘sapienza’ è un richiamo for
te e preciso al nesso intelletto-volontà, teoria-pratica, senza il quale sarebbe scor
retta ogni interpretazione del pensiero vichiano.
E all’interno di questo ambito s’impone l’indiscusso ruolo storico dell’eroi
smo vichiano, che anche quando viene soppiantato da una fase più umana non
si estingue, perché la
vis heroica
mantiene costantemente un ruolo centrale. La
nascita dell’eroe, sulla quale Pons ha a lungo lavorato nella convinzione che la
mitologia vichiana sia una narrazione distesa di un’antropogonia, di una storia
di nascite, cioè un modo di elaborare il «mondo delle nazioni» e il mondo civi
le per intero, è un luogo privilegiato per osservare come le trasformazioni siano
passaggi che non verranno ripudiati alla fine del percorso. Quando interverrà
Ercole, eroe per antonomasia e carattere universale deO’eroicità, all’uomo si
chiederà di andare per il mondo «spegnendo mostri, uomini nell’aspetto, e be
stie ne’ lor costumi». E «la forza, di cui Ercole è per eccellenza l’immagine, è
una virtù che significa il dominio dello spirito sul corpo» (p. 125). Quella virtù
conferita all’uomo dallo stabilimento del fulmine di Giove, che «diede princi
pio al mondo degli uomini dal poner questi in conato, ch’è proprio della libertà
della mente, siccome dal moto, il qual è proprio de’ corpi, che sono agenti ne
cessari, cominciò il mondo della natura»
(Sn44,
p. 762 ed. Battistini). La cate
goria dell’eroicità segna il passaggio dalla bestia all’uomo e pone la domanda: