RECENSIONI
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mento, sconosciuto alla «ragione» dei primordi, quello dell’inganno e dell’au-
toinganno. Al centro una filosofìa che è ricerca del vero.
«Se non vi fussero state religioni, e quindi repubbliche, non sarebber affat­
to al mondo filosofi, e che se le cose umane non avesse così condotto la provvi­
denza divina, non si avrebbe niuna idea né di scienza, né di virtù»
(Sn44,
p. 929
ed. Battistini) recita Vico nel 1744. Le
Degnità
vichiane che vanno dalla V alla
XXI offrono le più chiare delucidazioni sul fondamento del «vero»: il compito
della filosofia è di soccorrere l’uomo caduto, e questo può e deve farlo in mo­
do «politico», cioè occupandosi dell’uomo che vive all’interno di una società,
così come volle Platone. Ma la ricerca del vero non può essere sufficiente per
l’uomo, che ha bisogno della categoria del «certo» per trovare un luogo di ap­
plicazione alla sua specifica volontà. Deve ritagliarsi un elemento nel quale es­
sere primo attore, e questo è possibile solo nella considerazione del fatto che
l’uomo non è un animale solitario e condivide con gli altri uno stesso meccani­
smo di funzionamento.
Anche le due introduzioni offerte in questa edizione, quella alla
Vita
e quel­
la al
De ratione,
lette insieme e davvero tutte d’un fiato, costituiscono una bril­
lante digressione sul tema della verità: verità da «istorico» e verità da «filosofo»
contro ogni finzione letteraria, nella
Vita
; verità composta di dubbi, probabili,
verosimili contro quella verità della «critica» che neutralizza gli argomenti osti­
li allo scetticismo nel
De ratione.
La chiave di lettura che presenta Pons nelle
due introduzioni privilegia l’attenzione vichiana verso il concetto di «vero»; pri­
ma di tutto nella costruzione dell’autobiografia, dove il percorso verso la verità
è fatto soprattutto di passi successivi e interni, di cadute e ritorni. Come aveva
messo in luce Andrea Battistini, «l’autobiografia moderna deve la sua nascita al
senso del divenire e della storia, garante dell’ascolto dei particolari. Proprio Vi­
co, padre dello storicismo, è tra i primi a comprendere la specificità di ogni fa­
se dello sviluppo umano, scandito oltretutto da fratture o da traumatiche re­
trocessioni» (Lo
specchio di Dedalo. Autobiografia e biografia,
Bologna, 1990, p.
82). Un percorso nel quale verità della vita e verità dell’opera si confondono e
si sovrappongono, si sminuzzano in piccoli tratti di strada da recuperare nella
visione del tutto. E anche nell’autobiografia la questione della verità non è so­
lamente di ordine storico, è una questione propriamente filosofica. «Vico scri­
verà dunque la sua
Vita
non solamente da storico sincero, ma anche e soprat­
tutto ‘da filosofo’» (p. 16), ci ricorda Pons.
Questa polverizzazione del vero in elementi verosimili, evidente nel
De ra­
tione,
è conseguenza dell’assenza di una radicale differenza sostanziale tra vero
e falso e soprattutto è quel che rende possibile la teorizzazione del ‘senso co­
mune’, direttamente generato dal verosimile.
«Impotente ad arginare la corruzione» - ci ricorda Pons nel saggio sulla
«barbarie della riflessione» - la filosofia ne diviene complice quando scorda la
sua vocazione ‘politica’, comunitaria, e qual è praticata dai filosofi ‘monastici’,
cioè solitari, dagli scettici, dagli stoici e gli epicurei» (p. 101). Grazie alla po­
tenza immaginativa l’uomo vichiano è in grado di far rivivere mentalmente tut­
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