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RECENSIONI
za nuova.
Guido opta per una soluzione diversa, che è quella di interrogare il
lettore e l’educatore contemporaneo; infatti, «in un momento in cui in Brasile
si discute sull’insegnamento della filosofia ai bambini, l’appello di Vico perché
l’infanzia non invecchi precocemente si rivolge a ogni educatore perché veda
l’infanzia in quanto tale, valorizzando le costruzioni sublimi - che Vico defini
sce divine - della mente infantile» (p. 93).
Si tratta di riflessioni che aprono ad una più vasta indagine sulla modernità;
è questo un tema che pure ritroviamo costantemente negli scritti di Guido e che
lo porta e ci porta a riflettere su aspetti non del tutto risolti nel pensiero vichia
no come l’intento di «riformare il razionalismo del secolo XVII» per una «eman
cipazione dalla ricerca scientifica da parte del mondo della cultura» (pp. 30-31).
Guido sottolinea quanto l’assidua partecipazione di Vico alla vita delle Ac
cademie napoletane ne attesti la presenza all’interno del dibattito culturale del
l’epoca, tratteggiandoci un Vico attento e disponibile alla scienza del suo tem
po, e che proprio a partire da questa sensibilità è altrettanto vigile affinché l’e
sigenza di una apertura della scienza alla realtà sociale non perda di vista gli ele
menti creativi dell’uomo nel mondo della cultura che gli appartiene interamen
te. Per Vico, «la rappresentazione dell’uomo è altrettanto importante della strut
tura del mondo fisico, e per questo l’educazione deve promuovere l’interazio
ne tra la realtà interna e quella esterna» (p. 35); non si tratta perciò di una po
sizione antitetica al razionalismo, ma del suo indispensabile completamento; co
me «filosofo sociale», Vico punta a «integrare il mondo sociale nella sfera del
la scienza» (p. 45). Altre sono le critiche che Vico muove al razionalismo; in
nanzitutto le tentazioni solipsistiche, perché se la ragione «si rivela all’atto del
pensare, per Vico questo pensiero è storico e sociale, e non potrà mai essere pie
namente conosciuto se il soggetto che pensa si chiude in se stesso ponendosi di
stante dal mondo» (pp. 51-52). Guido sottolinea poi come Vico si ponga in di
fesa delle individualità, intendendo con esse il fondamento stesso dell’univer
salità che compone la natura umana, e come la modalità specifica di questa uma
nità sia espressa dal concetto di
verosimile-,
di qui l’altra critica, in quanto «il
co
gito
cartesiano non è efficace per la ricerca sociale perché non considera l’ef
fettività della vita pratica e opera una distinzione soltanto su due situazioni che
vengono accettate: il vero o il falso» (p. 55).
Nella sua indagine del mondo sociale, Vico recupera il senso di una metafi
sica distante da quella aristotelico-scolastica, e che «deve offrire la conoscenza
del mondo delle menti umane, cioè il mondo delle nazioni. Una volta realizza
to questo progetto sarà possibile dimostrare la bontà divina che ha permesso
quella esistenza temporale del mondo degli animi umani che partecipa del mon
do naturale dello spazio infinito della mente, padrona libera e assoluta della na
tura» (p. 61). Per attuare questo progetto, nota Guido, Vico si appoggia anco
ra una volta al razionalismo e al suo fondamento, il pensiero come contrassegno
della natura umana. Parimenti di stampo razionalistico è il significato con cui
Vico adopera il concetto di Provvidenza: convinto che Dio aiuti gli uomini con
la grazia, quale risorsa soprannaturale, e con la Provvidenza, quale aiuto natu-