RECENSIONI
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1744, l’esperienza cambia senz’altro di scala, ma la sua giurisdizione resta la
medesima: quella della condizione umana e della sua temporalità nell’ordine
aperto e universale della memoria collettiva». Più precisamente, il compito di
chiarato è quello di ripercorrere «la traiettoria di una dilatazione del foro inte
riore nello spazio comune della storia», così da accoglierne i «punti di irradia
zione» direttamente come articolazioni dell’interpretazione. La scansione che
ne viene è riassunta dall’autore come segue: «scoprire il vero sé (capitolo I,
La
medicine de l’dme),
designare i paradossi del presente (capitolo II,
La coscien-
ce d’époque),
chiarire la memoria del passato (capitolo III,
La science des origi
nes)
e descrivere la vita delle nazioni fino al momento in cui la storia si incur
va sulla sua barbarie interiore (capitolo IV,
La politique dugemehumatn
)»; giac
ché, «se si vogliono costituire gli archivi dell’umanità e decifrare la natura del
mondo civile (parte seconda,
La condition historique)»,
allora si deve «iniziare
col risolvere i misteri della condizione umana (parte prima,
Le naturelcréateur)»
(pp. 33-36).
L’indicazione pedagogica di Vico - incentrata sulla «conoscenza di sé, che
reinserisce l’individuo in una comunità verticale la cui memoria esemplare ri
flette l’ordine costante della natura e ispira, sul modello della Repubblica delle
Lettere, la
vita activa
» - viene dunque letta come solidale ad un impegno filo
sofico di più ampia portata, confermato dalle riflessioni sulla
mens heroica
co
me «energia messa al servizio del ritorno in sé», nel diretto confronto con le mi
nacce di impoverimento del senso comune ravvisate nelle tendenze della mo
dernità. Anzitutto per questo intento di reazione e reindirizzamento dell’epo
ca, rimarca Remaud, il discorso del 1732 esprime nel modo più compiuto «la
formula della modernità così particolare di Vico: l’eroismo dello spirito è un’ar
te del presente che deduce la sua razionalità e la sua vitalità dalla cura dell’ani-
ma». Nel confronto con il valore esemplare del passato, il problema classico
«della diminuzione o dell’aumento, della passività o della creatività del sé» spin
ge ad «un’esperienza della storia a più piani». La stessa «pratica della storia si
apparenta a un esercizio dello spirito eroico», in quanto è attività di chiarifica
zione, di liberazione dai pregiudizi, di umanizzazione, di conversione delle pas
sioni in passioni sociali. Ciò permette, afferma Remaud, di riunificare lungo
l’«asse della
mens eroica»
un intero corpus di riflessioni e di scritti e quindi di
rompere definitivamente con «la finzione persistente di un
primo Vico
, la cui
opera pedagogica non ha altro valore che anticipare in modo più o meno di
stinto l’impresa faraonica della
Scienza nuova».
Al contrario è proprio di qui,
dall’approfondimento antropologico svolto nella prima parte, che si può muo
vere per intendere, nella seconda, l’altro versante dell’analogia tra la natura del
l’uomo e la natura del mondo delle nazioni formulata dalla
Pratica di questa
scienza
, analogia che è rigorosamente interpretata in senso non sostanzialistico
bensì metodologico: come una «chiave di lettura del libro della storia [...], uno
strumento di metodo e non una legge dello spirito universale», in virtù del qua
le «molti criteri già conosciuti si ritrovano dunque trasposti logicamente nella
Scienza nuova»
(pp. 175-179).