RECENSIONI
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lettica negativa della storia» - e nega l’opposizione di principio nel pensiero di
Vico tra creatività poetica e pensiero scientifico, vita delle origini e modernità.
Ancora una volta, piuttosto, «la barbarie della riflessione è [...] il prodotto di
un difetto di conoscenza di sé», di quella inadeguata cura dell’anima cui l’inte­
ro percorso di pensiero vichiano, con la sua confluenza di «arte critica e arte
diagnostica», ha inteso porre rimedio (pp. 385-386).
L
eonardo
P
ica
C
iamarra
Romana Bassi,
Favole vere e severe. Sulla fondazione antropologica del mito
nell’opera vichiana,
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2004, pp. XXXII-
224.
Per Vico il mito non cela una «sapienza riposta», non è stato elaborato per
nascondere; esso, al contrario, tace storie vere, deformate ad opera del tempo,
e consente una via d’ingresso privilegiata per accedere oggi al «tempo oscuro e
favoloso», al sentire e al pensare di uomini che abitarono i momenti che hanno
preceduto l’età della ragione e la nascita delle filosofie. Il mito si configura nel­
la speculazione vichiana come il risultato di un’elaborazione da parte dell’uo­
mo strettamente saldata al momento dell’immaginazione, storicamente veridi­
ca e moralmente fondata; esso riveste per il filosofo un’importanza assoluta pro­
prio a causa della sua natura che comprende in sé la nascita del tempo storico,
il principio del diritto e quindi l’origine della legislazione, l’istanza della vita so­
ciale e la fonte del linguaggio poetico. Pertanto i materiali e le non poche testi­
monianze sulle quali Vico fonda le proprie letture riguardo i miti non sono, nel­
la maggioranza dei casi, di pertinenza ‘mitologica’: egli «trascina il mito fuori
dalla propria autoreferenzialità e ne coglie il riflesso negli accadimenti storici,
nelle strutture linguistiche, nelle forme della convivenza civile» (p. 49).
Documentare come ciò sia di fatto avvenuto, e chiarire quale sia la verità che
Vico sottende nel mito è dunque lo scopo dell’ottima indagine di Romana Bas­
si, la quale sa bene che proporre tale interrogativo equivale a fare luce sul du­
plice e non semplice problema posto dal filosofo napoletano di quale sia il cri­
terio di verità che - originariamente - fonda la struttura mitica del pensiero, e
di quale debba essere la modalità ermeneutica che concede - retrospettivamente
- di cogliere quella forma di pensiero in quanto verità. Le due questioni - sot­
tolinea giustamente Bassi nell’Introduzione
-
sono saldate tramite un nesso tal­
mente profondo da consentire di rinvenire la fondazione antropologica del mi­
to «nel duplice significato del genitivo oggettivo e soggettivo» (p. XX), ovvero
di intendere come l’elaborazione dei miti da parte della natura umana compor­
ti e comprenda in sé la genesi nel mito della stessa umana natura.
Una rigorosa e costante metodologia ricorre in modo complessivo in tutti i
capitoli nei quali si articola lo studio, offrendo al lettore una logica ripartizione
della materia entro tre livelli argomentativi. In primo luogo, in forma dosso­
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