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RECENSIONI
grafica, PA, riferisce puntualmente del modo in cui il
corpus
sul mito presente
nelle opere di Vico prese in esame sia stato trattato dai mitografi e dagli erudi­
ti, i cui libri e studi erano effettivamente - come pure potenzialmente - a di­
sposizione del filosofo napoletano. Di qui la scelta di privilegiare la consulta­
zione degli
Acta Eruditorum
che allora costituivano il precipuo mezzo di cono­
scenza delle opere pubblicate oltralpe, e del fondo Vallettiano conservato pres­
so la Biblioteca dei Girolamini in Napoli, al fine di individuare oltre quei testi
di argomento mitologico ai quali Vico poteva avere sicuro e facile accesso, an­
che eventuali fonti sommerse o finora trascurate, che, quando identificate, la­
sciano chiaramente emergere l’immagine di un sapere - quello di Vico - anco­
ra fermo alla cultura europea del Cinquecento e del Seicento. Segue l’analisi,
sempre puntualissima, dei mutamenti genetici del pensiero vichiano, di quei
«bradisismi» come li definisce con efficacia metaforica Battistini nella
Prefazio­
ne
al volume (p. XII), che di per sé presi possono a uno sguardo poco attento
sembrare tanto impercettibili quanto insignificanti, ma che invece sono indica­
tivi e indispensabili proprio per fare piena luce sulla genesi e sull’evoluzione di
ogni pensiero. Emergono infine, in un ultimo e terzo momento, le questioni pro­
blematiche, i rilievi teoretici, le riflessioni e tutte le considerazioni amargine del­
le tematiche prese in esame.
Alla base delle proprie ricerche Bassi pone il confronto - in effetti indi­
spensabile - tra le opere di Vico e quelle di autori che pure si occupano del mi­
to, nonché di quegli aspetti che, seppure apparentemente distanti da questo
orizzonte tematico, Vico chiama in sostegno. L’A. concentra la propria atten­
zione su una serie di «favole vere e severe», sempre confrontandole con le non
poche elaborazioni mitografiche precedenti e coeve, facendo così emergere que­
gli elementi che conservano la propria valenza in maniera inalterata nel tempo,
come pure evidenziandone altri che subiscono mutamenti parziali o rilevanti.
Tra le opere che Vico utilizza in tono per lo più polemico come proprie fonti
per il mito Bassi individua il
De natura deorum
di Cicerone, le
Genealogiae deo­
rumgentilium
di Boccaccio, e tre trattati mitografici di epoca rinascimentale an­
cora molto diffusi nel Settecento: le
Mythologiae
di Natale Conti, le
Imaginidel-
li dei de gl’antichi
di Cartari e la
Historia de deis gentium
di Giraldi. Figurano
riferimenti, ancora in chiave negativa, al
De sapientia veterum
di Bacone e al-
1’
Oedipus aegyptiacus
di Attanasio Kircher, mentre sono valutati con favore il
De origine ac progressu idolatriae
di Voss e l’uso del
Lexicon
di Hofmann. Infi­
ne tra le fonti probabili FA. riconosce
La istoria universale
di Francesco Bian­
chini.
La trattazione della scrittura vichiana segue con scrupolo la scansione tem­
porale, e tutta la materia mitica viene indagata a partire dal
De uno
e dal
De con­
stantia,
cui fanno seguito l’epitalamio
Giunone in danza
e le
Notae
al
Diritto uni­
versale,
sino alle tre edizioni della
Scienza nuova
del 1725, del 1730 (di cui l’A.
giustamente richiama un’interessante bibliografia sul mito non presente all’al­
tezza del 1725 e poi espunta dalla redazione successiva probabilmente perché
inclusa nell’elenco dei libri proibiti, e che Vico reputa fondamentale per l’ap-
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