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RECENSIONI
naco e Mirto, pertanto, testimonia un’iniziativa decisiva per l’adempimento di
quest’importante compito.
Il volume si apre con i saggi dei curatori
(Un «granfilosofo renatista»
di Lo­
monaco, pp. 9-36, e
La vita, gli studi, la critica
di Mirto, pp. 37-58), cui fanno
seguito - suddivise in due parti e per la prima volta offerte insieme - le opere
di Caloprese. Nella parte prima sono incluse oltre le opere a stampa, custodite
presso il fondo Magliabechiano della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
e nella sezione napoletana della Biblioteca Nazionale di Napoli «Vittorio Ema­
nuele III» (p. 59), anche le edizioni originali di tre scritti teorici e critico-lette-
rari, di una raccolta di poesie e di una lettera di argomento scientifico. Nella
parte seconda «vengono riproposti i testi pubblicati dopo la morte del Calo-
prese» (p. 60): una serie di lezioni di stampo prettamente filosofico
(Dell’Ori­
gine dell’Imperij)
e una breve lettera ad Antonio Magliabechi. Per quanto ri­
guarda l’edizione della prima di queste due opere, merita attenzione il preciso
e puntuale lavoro di trascrizione del testo originale da parte dei curatori. La ver­
sione offerta tiene presenti «sia la lezione di Silvio Suppa sia quella di Michele
Rak, sia, infine, quella di Enrico Esposito» (p. 561), nonché i due manoscritti,
uno della Biblioteca Nazionale di Napoli, l’altro custodito presso la Biblioteca
Nacional di Madrid e già pubblicato da Rak.
L’evidente scarsità della produzione scritta di Caloprese si deve alla sua pre­
ferenza per le forme espressive orali, scelta a sua volta condizionata dal carat­
tere prevalentemente orale della cultura intellettuale napoletana del periodo,
nonché dal metodo d’insegnamento di stile in gran parte socratico favorito dal
maestro di Scalea. Infatti, tutte le sue pubblicazioni furono occasionate da sti­
moli esterni, quali inviti a dare conferenze, specifici quesiti su questioni lette­
rarie o scientifiche, richieste di commenti sulle poesie di celebri autori. Solo due
scritti filosofici di Caloprese, uno su Spinoza l’altro su Regis, andati perduti, po­
trebbero eventualmente testimoniare un proposito diverso, un bisogno di si­
stemare i propri pensieri filosofici ed estetici in forma scritta e, quindi, più or­
dinata e duratura. Tale ipotesi trova forse un’interessante conferma nel saggio
introduttivo di Mirto. Il testo della
Confutazione alla filosofia di Spinoza
dove­
va, infatti, dare forma tangibile al pensiero di Caloprese, mettendolo «al riparo
da ogni accusa di ateismo» in quel «momento tragico per il libero filosofare nel
Viceregno napoletano» (p. 51).
Il titolo di chiaro stampo vichiano del saggio d’apertura di Lomonaco fa ri­
ferimento all’ambiente intellettuale «progressivo» del tardo Seicento napoleta­
no, per il quale il «renatismo» rappresentava il prestigio di un’attiva adesione
alle nuove tendenze dell’epoca. Tale riferimento permette all’A. di rivelare i ric­
chi spazi problematici del «renatismo» di Caloprese, che andava ben oltre la sin­
tetica definizione datane dai suoi contemporanei. Lo induce, altresì, a legare la
figura di Caloprese, ricordata n
d i’Autobiografia
vichiana, al cartesianesimo del­
la «complicata fase di transizione della cultura napoletana» segnata dall’attività
dell’Accademia di Medinacoeli (pp. 20-21). La prima parte del discorso di Lo­
monaco è strutturata su due prospettive abilmente correlate: da una parte la na­
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