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RECENSIONI
mento comunicativo di esperienze». Una tale «moderna trascrizione corporea»
(p. 14), basata sul meccanismo cartesiano delle passioni, apportava significati­
ve novità nell’ambito poetico. Incline in sede teoretica alla «certezza», al duali­
smo cartesiano delle sostanze, Caloprese dimostrava tuttavia nella critica lette­
raria «un’innovata indagine non rigidamente intellettualistica» (p. 13). Innan­
zitutto, come nota Lomonaco, le riflessioni che accompagnano la
sposinone
dei
componimenti poetici dimostrano che «in Caloprese la distinzione tra corpo­
reo e incorporeo non era mai rigida né assoluta» (p. 15). Egli arrivava, così, a
«una riflessione assolutamente originale, contrassegnata da un’ambigua, inte­
ressata valutazione della
ragione
e della
fantasia
nelle loro rispettive funzioni co­
noscitive» (p. 14). Lomonaco procede attraverso una sottile disamina, distin­
guendo le riflessioni calopresiane di natura teoretica da quelle di natura critica.
Nelle prime si manifestava ancora l’orizzonte cartesiano del dualismo delle ma­
terie, atto comunque a far cadere definitivamente ogni forma di astratta pre­
cettistica e a evidenziare le prerogative cognitive della fantasia al pari dell’intel­
letto (p. 15). Nella propria attività critica, invece, Caloprese attenuava «le con­
seguenze del dualismo cartesiano» e, in particolare, lo studio della fantasia «of­
friva la prova dell’unione tra i moti della passione e gli attributi della
mens» {ivi).
«La creazione letteraria non autorizzava a sostenere l’assoluta razionalità della
poesia, confermando l’impossibilità di separare il momento della partecipazio­
ne emotiva», afferma l’A. (p. 17), e Caloprese «rendeva esplicite le ragioni del­
la crisi critica del cartesianesimo in ambito poetico-letterario»
(ivi).
Opportu­
namente Lomonaco si riferisce qui a Francesco Antonio Gravina, prefatore del­
le
Spositioni,
il quale distingueva chiaramente la teoria calopresiana dalla sua
operazione critica, evidenziando la «distinzione tra l’attività del poeta, volta a
esprimere liberamente le ‘passioni dell’animo’, e quella dello
spositore
che, in­
seguendo le ‘cagioni dei loro movimenti’ poteva servirsi della ‘dottrina di Car­
tesio’» (p. 14).
Il cartesianesimo di Caloprese, nel suo aspetto prettamente «civile», conso­
no alle tendenze filosofiche della fase culturale post-investigante e, quindi, più
attento al tema cartesiano, spesso definito dalla critica «metafisico», costituisce
l’oggetto dell’interesse e della discussione di Lomonaco nella seconda parte del
suo saggio. Lo stesso termine «metafisica», oggetto - come noto - di moltepli­
ci interpretazioni, risulta, se non proprio equivoco, sicuramente polisemico nel­
l’ambito della cultura promossa dall’Accademia di Medinacoeli. Particolar­
mente convincenti appaiono, in tale configurazione, le tesi sostenute da Enrico
Nuzzo, richiamate da Lomonaco, le quali mostrano come «l’influenza cartesia­
na sulla cultura meridionale sei-settecentesca si sia sviluppata in direzione anti­
metafisica e antimentalistica, incrementando la fondazione in termini antropo-
logico-fisiologici di un nuovo modello di scienza dell’uomo» (p. 34 nota 44). In
effetti, la «metafisica» o «antimetafisica» calopresiana significava in termini più
generali una
forma mentis
priva di astrattismo, aperta al reale e al concreto. Era
un concreto trasferito dal terreno dell’individuo poetante a quello della molte­
plicità, non ancora chiamata e non ancora plasmata come nazione, ma che già
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