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RECENSIONI
dei quali da un lato accentuavano i comuni tratti atomistici e sensisti e dall’al
tro si riconosceva il merito di evitare la confusione tra scienza e fede che inve
ce contraddistingueva quanti ritenevano inscindibile il legame tra teologia cat
tolica e filosofia naturale aristotelica.
Sul finire del processo e per l’intero primo decennio del Settecento l’im
pianto teorico e la strategia argomentativa di D’Andrea ispirarono le linee gui
da della duplice battaglia giuridica e culturale contro l’offensiva inquisitoriale
e gesuitica. Con opere a stampa e manoscritte D’Andrea, Porzio, Ceva Grimal
di, Vailetta e Grimaldi si impegnarono nella difesa degli atomisti napoletani dal
l’accusa d’irreligiosità rilanciate nel 1694 dalle
Lettere apologetiche
di De Bene
dictis.
Nella strategia apologetica della modernità «che, senza soluzione di conti
nuità, sottende l’opera del Valletta, dello stesso D’Andrea e di Costantino Gri
maldi» (p. 105) Descartes è chiamato da varie prospettive ad interpretare il ruo
lo del filosofo cristiano, talvolta senza che vi sia un reale sforzo di approfondi
mento del suo pensiero, cosicché, sottolinea l’A., «ripercorrendo sia la
Lettera
che la
Istoria
ci si rende infine facilmente conto che l’immagine che il Vailetta si
è formata di Descartes non è certo fondata su una puntuale conoscenza delle
opere del filosofo francese» (p. 96).
Al contrario, De Benedictis si mostrava ben informato sulla filosofia dei mo
derni e ostentava un’approfondita conoscenza dell’opera di Descartes, obietti
vo principale della sua critica, anche perché riteneva, e non a torto, la conce
zione corpuscolare della materia degli atomisti napoletani diretta filiazione dei
princìpi cartesiani di materia, figura e movimento che eliminavano dal mondo
ogni fine provvidenzialistico. Dallo studio delle repliche del Grimaldi, l’A., di
scostandosi da quanti considerano l’Accademia del Medinacoeli punto di sno
do del mutato rapporto della cultura napoletana con Descartes, sottolinea l’a
cutezza critica di Grimaldi che abbandona l’interpretazione ‘continuista’ tra
atomismo antico e moderno, individuando nel nucleo metafisico la chiave di
volta dell’intero sistema cartesiano.
L’A., fedele al metodo fin qui seguito, sceglie come punto d’osservazione sul
tramonto dell’età cartesiana la prima traduzione e commento in lingua italiana
del
Discours
apparsa nel 1755 nella
Scelta de'migliori opuscoli
a cura di Fortu
nato Bartolomeo De Felice. Complessi appaiono i motivi della scelta editoriale
anche perché Lojacono non nasconde che per molti versi la presenza della tra
duzione dell’opera, forse la meno studiata dai cartesiani napoletani, può susci
tare stupore innanzitutto «perché appare al momento in cui la fama del filosofo
francese è chiaramente oscurata da quella di altri autori, tra cui sopra tutti Isac
co Newton, in secondo luogo perché il De Felice, che certo non poteva dirsi in
differente all’accusa di plagio (ne aveva infatti lungamente discusso proprio a
proposito di Descartes all’inizio del suo commento), da una parte nelle sue lun
ghe chiose rinvia con incredibile frequenza agli stessi testi cui attinge il Brucker
e, dall’altra parte, ripete in diversi luoghi precisi e non brevi passi del testo del
la storico di Ausberg» (pp. 156-157). Nelle note di De Felice a Descartes, an