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RECENSIONI
filosofiche nella loro concreta epocalità storica. La serie, dunque, di «idee-pro
blemi», di «lemmi» capaci di rendere visibili e leggibili la genesi e il costituirsi
di forme di pensiero, non mette fuori gioco la percezione generale dello spazio
storico e ideologico entro il quale esse si sono costituite. Il problema che Cri
spini individua è, piuttosto, quello di un percorso di storiografia filosofica ca
pace di evitare le opposte secche di paradigmi troppo curvati sulla ricostruzio
ne analitica ovvero troppo preoccupati di mantenersi dentro una sintesi, quan
to più esauriente, di tipo storico-culturale. Per questo, la scelta storiografica che
emerge da queste pagine è, per ammissione stessa dell’A., di «natura composi
ta», non nel senso di un facile eclettismo, ma in quello ben più difficile di un
saggio equilibrio che sappia tenere insieme, in un personale stile storiografico,
la molteplicità dei fattori, dei registri di lettura, delle forme di interazione tra fi
losofia, scienza cultura e politica, insomma la variegata trama delle ‘tracce’ che
il pensiero e le sue forme lasciano lungo il loro secolare percorso.
La prima delle idee-problemi che Crispini enuclea dal suo attento lavoro di
ricognizione storica è quella del «filosofo fortuito e occasionale», di quel filo
sofo esemplarmente rappresentato nell'itinerario intellettuale di Montaigne. Ciò
che infatti progressivamente emerge dalla lettura dei
Saggi
è il modello comune
di uomo capace di oltrepassare, nell’esperienza fondamentale del racconto di
sé, la particolarità dell’uomo-saggio, deU’uomo-filosofo. La «pittura del Sé» a
cui conducono le variegate piste tracciate nei
Saggi
finisce con l’essere certa
mente - al di là degli orientamenti filosofici che pure è possibile individuare
(stoicismo, epicureismo, scetticismo) - una incessante ricerca di se stesso nel
confronto con i materiali accumulati nell’esperienza della storia e della cono
scenza, ma questa ricerca trova il suo culmine nell’immagine dell’io come for
ma comune della condizione umana. Si capisce, allora, perché la figura di pen
siero dominante nei
Saggi
diventa il filosofo «fortuito», il filosofo «non preme
ditato». «L’‘ammasso’ considerevole di idee, di casi, di fatti, contenuti nei
Sag
gi,
su cui è andata girovagando, in lungo e in largo, l’avida osservazione di Mon
taigne, per sapere e capire, se stesso innanzitutto, ed in un modo precario ed in
certo, richiedeva non un filosofo sistematico, bensì, appunto, un indagatore pa
ziente, disposto a non arrendersi di fronte alla dispersione e frammentarietà del
l’esperienza» (pp. 13-14).
All’idea di «ragione civile», quale emerge dalle opere di Gravina (autore no
to a Crispini che ne conosce bene i testi e ne discute con competenza le diver
se interpretazioni, da Badaloni a Quondam a Ghisalberti a Lomonaco), è dedi
cato il secondo momento della ricerca di lemmi significativi nella costituzione
delle forme di pensiero moderno. Di Gravina Crispini ricostruisce i principali
momenti della elaborazione filosofica, politica ed estetica: dall’esame dei rap
porti tra fede e opere e dall’idea di una stretta integrazione tra religione ed eti
ca, alla necessità di definire le linee di una vera e propria scienza poetica capa
ce di ritrovare l’immagine del vero, alle idee infine sulla politica e sul diritto. So
no queste le principali coordinate della riflessione graviniana, individuate con
cura da Crispini: all’origine vi è un processo di «emendazione e ascesa della