228
RECENSIONI
gura morale» che anticipa i paradigmi della metaetica e del non-cognitivismo
morale, è certamente Shaftesbury. Nella puntuale ricostruzione di Crispini - che
al filosofo inglese ha dedicato diversi contributi - emerge quell’aspetto di co­
stitutiva ambiguità tra una ricerca di una morale umana riferibile alla natura co­
mune e alla socialità (e dunque ancora relazionata ai princìpi della tradizione
etica, politica e religiosa) e la capacità analitica dell’indagine delle situazioni mo­
rali, delle percezioni, dei sentimenti individuali. «L’etica shaftesburyana, tra la
nicchia privata
degli affetti, dei sentimenti, delle passioni, e quella pubblica
dei
piaceri sociali, della benevolenza, della simpatia, non sa prescindere da quella
ratio naturae
che sottrae non poco valore e significato ad una morale come co­
struzione empirica di un soggetto agente, e non come luogo di categorie astrat­
te e di distinzioni prettamente razionali. Non pare possano esservi dubbi che
Shaftesbury rifiuti una morale di pure forme e astratti valori, ma non fa poi il
passo decisivo di liberarla dalla quasi subordinazione e sottomissione ad una
universale, ‘divina’ ratio ordinis»
(p. 82).
L’ultimo percorso affrontato da Crispini riguarda il modello di una «filoso­
fia della latenza» quale si può scorgere del pensiero di Diderot. Il pensiero cen­
trale che domina la riflessione diderotiana, infatti, è come rendere consistente,
dopo la necessaria opera di demolizione dei fantasmi e delle illusioni della tra­
dizione, un processo conoscitivo della mente che non si separi dalla base sensi­
bile della natura. Come FA. giustamente osserva, la latenza della filosofia si qua­
lifica proprio come un vero e proprio processo di riconversione delle facoltà in­
tellettuali modellate sulle certezze e sulle acquisizioni della fisica sociale. Ma
questo processo, in un intellettuale che non esita a portare alle estreme conse­
guenze la filosofia dell'illuminismo, diventa paradossalmente l’avvio di una con­
trotendenza, di una latenza appunto, che amplia a dismisura il ristretto confine
della ragione critica e naturalistica. «Fuori della ragione, ai margini di essa, in
opposizione al suo campo di possibilità, il philosophe
scorge un mondo vasto,
regioni straordinarie e intravede una ‘controscienza’, una nuova fisica, capace
di rivelarcele. La ‘déraison’ è appunto in primo luogo una ‘magia’ della univer­
sale sensibilità vivente; ma è poi anche l’ingresso in un ordine di realtà fatto di
‘simpatie’, ‘unità’, ‘identità generale’, ‘comunità’, un modo di pensare dentro
le
cose» (p. 109).
G
iuseppe
C
acciatore
M
a
RI
a g r a z i
A
P ia,
I fondatori delle nazioni, Pisa, Scuola Normale Superio­
re, 2003, pp. VII-127.
Il libro, denso e avvolgente quasi come un gorgo, si immerge nella Scienza
nuova
vichiana, nelle sue stratificazioni, stringe da vicino la tensione che la at­
traversa, ne segue, ripete in qualche modo, l’andamento spiraliforme che quel­
la tensione originaria, radicata nell’umanità stessa, vi imprime; tensione che è
1...,218,219,220,221,222,223,224,225,226,227 229,230,231,232,233,234,235,236,237,238,...305