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RECENSIONI
Allora lo stato delle famiglie mantiene ancora, per molti versi, forme di promi­
scuità con lo stato ferino, pur allontanandosene per i tre sensi comuni - matri­
moni, religione, sepolture - ma contiene già, al suo interno, quella eterogeneità
- i
famoli
- che condurrà all’autentica fondazione dell’umanità, delle città e del­
le nazioni. «La fondazione della città stabilisce il
tempo,
la storia [...]; la fon­
dazione delle nazioni sottolinea invece l’
eterno.
Così il tempo verrà contato
ab
urbe condita4,
dalla fondazione. Nella fondazione delle nazioni, invece, entrano
in gioco gli elementi eterni e comunicativi [...]. Le nazioni, che hanno già alle
spalle la prima fondazione delle città, devono rendere omogenei i diritti, i lin­
guaggi e le divinità, che poi riconosceranno comuni a tutte le nazioni» (p. 53).
La figura di Caino fondatore di città, corretta e spostata nell'itinerario vichia­
no, ben rappresenta le padossalità della fondazione come atto umano, e come
fondazione di umanità.
A questo punto diventa ineludibile la domanda sul posto e il ruolo della fi­
losofia nella fondazione. Nel
De antiquissima,
come nelle coeve storie della fi­
losofia, essa era certamente fondatrice, ma ricondotta ad un’unica fonte origi­
naria, ed essenzialmente priva di svolgimento storico. Con il ripudio della «sa­
pienza riposta» nella
Scienza nuova
la filosofia diventa essa stessa storia delle na­
zioni, è «fondata nel suo inizio dalle umane idee su cui essa deve riflettere» (p.
82), e sono queste ultime ad essere più vicine al vero, pur se in modo oscuro ed
opaco. L’A. compie qui un tragitto particolarmente interessante; propone in­
fatti all’analisi dapprima due brani delle
Correzioni, Miglioramenti, ed Aggiun­
te
cosiddette ‘terze’ poi non trasferiti nella
Scienza nuova
del 1744: la
Dimo­
strazione difatto Istorico contro lo Scetticismo
e la
Riprensione delle Metafisiche
di Renato delle Carte, di Benedetto Spinosa e di Giovanni Locke.
L’atteggiamen­
to in parte astorico nei confronti della filosofia presente in entrambi gli scritti,
permette di condurre in primo piano il nodo teorico cruciale relativo al posto,
all’ambito della filosofia nella
Scienza nuova,
che è, fondamentalmente, quello
della durata, non il tempo e neppure, immediatamente, l’eternità. Comprende­
re questa collocazione, e questa ambiguità, consente anche di comprendere l’au­
tentico nesso tra filosofia ed umanità. A tale scopo viene chiamato in soccorso
il pensiero spinoziano - il
Tractatus politicus
e naturalmente 1
’Ethica -
che pro­
pone un rapporto tra tempo, durata ed eternità in cui le tre dimensioni sono di­
stinte ma non contrapposte. Particolarmente, il modo spinoziano di concepire
la conoscenza adeguata della durata
sub specie aeternitatis,
il concetto per cui le
cose tendono a conservarsi, a perseverare indefinitamente nel loro essere, sono
spunti teorici preziosi per penetrare e dipanare l’intricato nesso vichiano stabi­
lito tra durata, eternità e tempo, e, più specificamente, il ruolo della filosofia
che, «nella
Scienza nuova,
deve rendere ragione del durare nel tempo, sapendo
che questo durare è possibile perché implicato nell’eterno» (p. 92). Non si di­
mentica qui, ovviamente, quanto la Provvidenza costituisca una differenza ra­
dicale rispetto al sistema spinoziano, né quanto Vico sia lontano dal monismo
spinoziano nel momento in cui introduce tra Dio e mondo lo scarto ontologico
derivato dalla caduta. Ma i modi finiti di Spinoza possono trovare un’eco chia­
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