RECENSIONI
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rificatore nella possibilità, indicata da Vico, di rintracciare i princìpi del mon­
do delle nazioni nelle «modificazioni della mente umana», che si caratterizzano
come modificazione finita di ciò che è infinito. Se così non fosse, se le modifi­
cazioni della mente fossero soltanto modificazioni di una mente finita, «da es­
se noi potremmo solo derivare una memoria biologica e non la conoscenza dei
princìpi delle nazioni che sono non solo temporali, ma anche eterni» (p. 93). La
filosofia dunque può assumersi il compito, per Vico, «di conoscere la natura
delle cose - il loro nascimento - secondo modificazioni e ‘guise’, quindi deve
conoscerle nella loro durata» (p. 100).
L’ultimo capitolo del libro è dedicato alla poesia, fondatrice di umanità for­
se più di ogni altra azione o pensiero umano, perché sganciata, nella sua origi­
ne e nella sua natura, dalle necessità imposte dalla Provvidenza. Indipendente
dalla caduta, dalla paura, dai bisogni primari degli uomini, modo tutto umano
di mettere in conato le passioni, modo che segue la «indiffinita» natura umana
ben al di là delle esigenze comunicative, producendo un ‘poema’ infinitamente
ricco che solo lo sforzo di intellegibilità posteriore, pur necessario, limita ed uni­
fica. E la poesia, come fare specificamente umano, a chiedere e a provocare quel-
l’altro atto di fondazione umana che è l’interpretazione. I primi uomini attri­
buendo, nel loro fare poetico, la propria natura ad un mondo estraneo e sco­
nosciuto, giungono a conoscere questa loro stessa natura. Così «il mondo civi­
le delle nazioni si trasforma impercettibilmente da oggetto di conoscenza in luo­
go di conoscenza della natura degli uomini: per questo la Scienza Nuova non è
una filosofia della storia ma una filosofia dell’umanità» (p. 111). E l’esame di
questa straordinaria accezione vichiana della poesia e dell’interpretazione con­
duce ad identificare non tanto nel divino quanto nell’umanità stessa l’autentico
orizzonte di trascendenza della
Scienza nuova,
perché se del divino gli uomini
hanno sempre una qualche idea, della propria umanità non possono che segui­
re le tracce percorrendo le modificazioni della loro mente, poetando, non per
volontà ma per necessità imposta dalla loro natura, ed interpretando.
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