«AL CINQUECENTO DOTTI UOMINI
SI DIEDERO A COLTIVARE LA TOSCANA FAVELLA
CHE SI ERA IN FIRENZE PARLATA AL TRECENTO».
NOTA SU DUE FONTI VICHIANE TRASCURATE
Nella
Scienza nuova
del 1725 non è presente quel nucleo che a parti­
re dalla redazione del 1730 e poi in quella del 1744 diventerà il libro ter­
zo, quello della
Discoverta del vero Omero.
Ci sono, comunque, non po­
che occorrenze del nome di Omero e motivi sparsi che pure saranno al
centro della successiva e omogenea elaborazione del tema da parte di Vi­
co, quali il superamento dell’idea di una «sapienza riposta» dell’autore
AtWlliade
e dell'
Odissea, o
la reminiscenza - mutuata da Aulo Gellio e
Strabone, e propria nel Cinquecento anche di Castelvetro1- delle tante
città greche che pretesero di avere dato i natali al poeta.
Di contro, nell’edizione del 1725 Vico propone un interessante raf­
fronto - in seguito significativamente soppresso - tra Omero e Dante,
dove dichiara che la grande opera innovatrice del poeta fiorentino con­
siste nell’avere ridato all’Italia una lingua, tramite un’operazione molto
simile a quella compiuta anticamente da Omero:
Della qual lingua [eroica o divina] si ritruovarono già fomiti i popoli gre­
ci a’ tempi di Omero, con la differenza, che anche oggi si osserva nelle lin­
gue volgari delle nazioni: che sopra una stessa idea parlasse più poetico un
popolo che un altro di Grecia: da’ quali tutti
ne scelse Omero i miglioriper
tesserne i suoipoemi-,
onde avvenne, che quasi tutti i popoli della Grecia, cia­
scuno avvertendovi de’ suoi natii parlari, ogni uno pretese, essere Omero
suo cittadino.
1
«Laonde quella [la lingua] di Homero, sì come di forestiero a tutte le città di Grecia &
di cittadino a tutte, non potè offendere alcuno» (L.
CASTELVETRO,
Correlione d’alcune cose del
Dialogo delle lingue
di benedetto Varchi, e una giunta al primo libro delle
Prose
di M. Pietro
Bembo dove si ragiona della vulgar linguafatte per Lodovico Castelvetro,
KEKPIKA,
stampata in
Basilea l’anno del Signore MDLXXII, p. 241; d’ora in poi
Correzione).
Occorre avvertire che in questo caso, come pure in altri e sempre in riferimento ai testi
del Cinquecento, si è preferito dare una trascrizione del tutto conservativa dei brani della
edi­
tio princeps
ai quali si è fatto di volta in volta riferimento, sia in sede di scelte grafiche (maiu­
scole, corsivi, apostrofi, legamento «& », ecc.) sia in sede di punteggiatura.
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